Il film mi è piaciuto. Rientra in quelle promozioni europee delle culture locali attraverso le arti... in mano a Rubini si traduce in un film sulla Puglia sognatrice e "terrona" degli anni Sessanta. Il tema dell'arte uccisa dalla critica artistica ritorna come nel film precedente "colpo d'occhio": qui attori e ruoli sono riproposti e rivisitati (lo Scamarcio-artista è uno zio libertino, "mammone" e commerciante; il Rubini critico-soggiogatore è il capostazione emulo di Cèzanne, vittima dei notabili di San Vito, tronfi tromboni improvvisati critici d'arte).
"L'uomo nero" si sofferma su un'altra Italia: quella pugliese, che il treno collega a un "alto nord" (la Romagna), ma per il capostazione di San Vito è già Bari, ossia tutto si spinge non più in là del museo cittadino. Il treno traccia così un percorso di affermazione e liberazione dei sogni, che passa attraverso l'ottusità e l'arroganza dei potenti di paese. Ossia un "viaggio folle e catartico" dall'insoddisafacente e travagliato retroterra culturale, all'appagamento beffardo e solitario di un sogno: essere come Cèzanne... Il tema affrontato mi sembra quello del gioco di come è, come si crede che sia, e come può essere se uso l'immaginazione. Sognatrice, visionaria, scanzonata, la regia restituisce con una lirica delicata e poetica, le capacità fantasiose e creative dell'uomo di rendere la vita migliore di quello che appare e si presenta. Gli occhi "dell'uomo dalla bombetta", ritratto da Paul Cèzanne, si specchiano nello sguardo adulto dello scienziato (un Gifùni serioso e intenso). Scappato dalla terra natìa e fuggito prima di tutto le proprie radici, da adulto rivive la genuinità dell'infanzia o meglio della fantasia: il mondo di quel padre rifiutato. Mirabile è la recitazione del piccolo Grabrielino; lieve e intensa è l'interpretazione della Golino, una donna istruita del sud, moderna e insieme devota agli uomini della sua famiglia.
Niente è come sembra. Nemmeno l'uomo nero degli incubi infantili....
L'uomo nero
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L'uomo nero
Ultima modifica di conteroccabruna il gio dic 17, 2009 7:46 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: L'uomo nero
grazie contessissima!! cerchero' di farcela... mi hai fatto rivenire in mente un podcast di radio tre ossia "emigranti express" bellissimo e doloroso...
anzi mi correggono... ESPRESS
http://www.marioperrotta.com/emigrantiespress/home.htm
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Re: L'uomo nero
Carino l'incipit! mi hai fatto venire in mente uno degli ultimi libri che ho letto: Vita della Mazzucco. Straordinario affresco dell'epica avventura degli emigranti oltreoceano.anatolla ha scritto: http://www.marioperrotta.com/emigrantiespress/home.htm
Per non deludere le tue aspettative ho ritoccato un po' la recensione, scritta un po' di fretta, spero di non essere fraintesa...
Qui il tema non è tanto il viaggio di chi parte, ma piuttosto il "viaggio di chi è rimasto", di chi non è mai partito ...eppure è sempre stato così lontano dal provincialismo del paese!
In effetti tutta la storia del paese invece è raccontata da chi "ha tagliato i ponti". Il racconto nasce però non dalla nostalgia di chi ricorda da lontano, ma da chi "è costretto" suo malgrado a rivivere il ritorno al paese, e a fare i conti con i propri fantasmi nell'armadio.
Spero tu riesca a vederlo, così mi dirai...
Ultima modifica di conteroccabruna il sab dic 19, 2009 10:32 am, modificato 1 volta in totale.
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Re: L'uomo nero
emigrantiespress va ascoltato....
spero davvero di riuscire a vedere il film.. poi torno!
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Re: L'uomo nero
Forse sono un po' di parte, visto che il regista è pugliese e il film è ambientato nella mia terra, ma io l'ho trovato veramente bello, come quasi tutti i film di Rubini...
Ci ho ritrovato un po' tutte le tematiche affrontate nei suoi precedenti lavori: l'incomunicabilità e il difficile superamento del gap generazionale ("Tutto l'amore che c'è"), la frustrazione dell'artista incompreso ("Colpo d'occhio"), il ritorno alle origini e alle radici, dapprima rifiutate e poi ricercate come strumento per fare i conti col passato e iniziare una nuova vita ("La terra")...
Quello che mi ha colpito particolarmente di questo film è la poesia con cui Rubini dipinge (è proprio il caso di dirlo) la sua Puglia, amata ma allo stesso tempo diffcile da amare (bellissimo il passaggio in cui il capostazione descrive a suo figlio il paesaggio che vedono dal treno, attraverso "l'infinità di colori di cui la maggior parte della gente nemmeno si accorge"; e ancora più bello quello in cui si vede il macchinista-uomo nero che lancia le caramelle ai bambini dell'oratorio...).
Anche la colonna sonora è molto carina, ricorda un po' "La vita è bella" (l'autore è lo stesso, Nicola Piovani), anche se la più bella, per me, resta quella di "Tutto l'amore che c'è"...
Se dovessi dare un voto al film, sarebbe un 9...
Ci ho ritrovato un po' tutte le tematiche affrontate nei suoi precedenti lavori: l'incomunicabilità e il difficile superamento del gap generazionale ("Tutto l'amore che c'è"), la frustrazione dell'artista incompreso ("Colpo d'occhio"), il ritorno alle origini e alle radici, dapprima rifiutate e poi ricercate come strumento per fare i conti col passato e iniziare una nuova vita ("La terra")...
Quello che mi ha colpito particolarmente di questo film è la poesia con cui Rubini dipinge (è proprio il caso di dirlo) la sua Puglia, amata ma allo stesso tempo diffcile da amare (bellissimo il passaggio in cui il capostazione descrive a suo figlio il paesaggio che vedono dal treno, attraverso "l'infinità di colori di cui la maggior parte della gente nemmeno si accorge"; e ancora più bello quello in cui si vede il macchinista-uomo nero che lancia le caramelle ai bambini dell'oratorio...).
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All’infuori del cane il libro è il migliore amico dell’uomo. Dentro il cane è troppo scuro per leggere. (Groucho Marx)
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