la propaganda come arma di massa

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LuLù Lupetta
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la propaganda come arma di massa

Messaggio da LuLù Lupetta »

E' un pò lunga ma ne vale la pena.... :yes!:

VENDERE LA GUERRA
LA PROPAGANDA COME ARMA D'INGANNO DI MASSA
di Sheldon Rampton e John Stauber
pagg. 176, euro 16,00, ISBN 88-89091-00-2

Il primo libro che rivela tutti i retroscena dell'aggressiva campagna di pubbliche relazioni e disinformazione promossa dall'Amministrazione Bush per vendere al mondo la guerra all'Iraq e al terrorismo internazionale.
Con ricerche meticolose e documentate, gli esperti di media Sheldon Rampton e John Stauber analizzano le notizie, le conferenze stampa e i titoli di giornale attraverso cui il conflitto iracheno e' stato pianificato con le stesse modalita' di lancio di un prodotto sul mercato.
Il Pentagono ha infatti assoldato le migliori agenzie pubblicitarie e i colossi mediatici per ottenere il consenso dell'opinione pubblica, sfruttando la paura per criminalizzare il dissenso e limitare i diritti civili.
Un piano di comunicazione basato su una sistematica mistificazione dei fatti, magistralmente decostruita dagli autori in questo brillante e affascinante saggio, bestseller negli Stati Uniti.
Un indispensabile manuale di difesa contro ogni tipo di propaganda.

John Stauber e' il fondatore e il direttore del "Center for Media & Democracy", un istituto che analizza la propaganda condotta dalle multinazionali e dai governi. Lui e Sheldon Rampton pubblicano su "PR Watch", l'osservatorio Usa sull'industria delle pubbliche relazioni.

BIOGRAFIE DEGLI AUTORI

Sheldon Rampton e John Stauber lavorano entrambi per il Center for Media & Democracy, un'organizzazione no-profit fondata da Stauber nel 1993 con lo scopo di monitorare e denunciare le campagne ingannevoli di pubbliche relazioni e di altra propaganda sponsorizzate da multinazionali e governi.

Scrivono e dirigono PR Watch, la rivista quadrimestrale del Center. Insieme hanno scritto altri tre volumi: Toxic Sludge Is Good for You!: Lies, Damn Lies and the Public Relations Industry (1995); Mad Cow USA: Could the Nightmare Happen Here? (1997); e Trust Us, We're Experts!: How Industry Manipulates Science and Gambles with Your Future (2001, di prossima pubblicazione per Nuovi Mondi Media).
John Stauber e' stato a lungo attivista e ha collaborato con organizzazioni per la tutela dei consumatori, delle piccole aziende agricole e dell'ambiente, a livello locale, statale e nazionale. Prima di fondare il Center, ha collaborato per cinque anni con la Foundation on Economic Trends, un'organizzazione no-profit di Washington D.C., che studia i possibili effetti sulla salute e sull'economia dell'Ormone Bovino della Crescita ricombinante (rBGH) e organizza i gruppi di cittadini e di allevatori interessati. Nato nel 1953, e' sposato e vive a Madison, nel Wisconsin.
Sheldon Rampton si e' laureato alla Princeton University e ha un passato di giornalista, attivista e scrittore. All'universita', ha frequentato i corsi di scrittura tenuti da Joyce Carol Oates, E. L. Doctorow e John McPhee. Oltre ai libri scritti insieme a John Stauber, ha collaborato con Liz Chilsen al libro Friends In Deed: the Story of US-Nicaragua Sister Cities (1998). Prima di unirsi al Center for Media & Democracy, ha lavorato con il Wisconsin Coordinating Council on Nicaragua (www.wccnica.org), per il NICA Fund, un progetto che dal 1992 ha convogliato 10 milioni di dollari provenienti da finanziatori statunitensi per sostenere lo sviluppo economico delle comunita' povere dell'America Centrale.
Per ulteriori informazioni sugli autori o per richiedere i numeri arretrati di PR Watch, visitare il sito di PR Watch (www.prwatch.org) oppure contattare il Center for Media & Democracy, 520 University Avenue, Suite 310, Madison, WI 53703, Telefono: (608) 260-9713.

RECENSIONE

Perche' la propaganda di Bush sulla guerra e' stata una vittoria della manipolazione
di Roberto J. Gonzales, San Francisco Chronicle, 27/07/03

Nei mesi scorsi, gli spettatori televisivi americani hanno assistito a una serie di immagini impressionanti che mostravano l'assoluta supremazia militare degli Stati Uniti. Tra queste, la distruzione della statua di Saddam Hussein in piazza al-Firdos, l'emozionante "salvataggio" di Jessica Lynch, le riprese panoramiche dei bombardamenti su Baghdad e l'atterraggio di George W. Bush su una portaerei.

Se queste immagini sono state piu' insistenti e convincenti rispetto a quelle delle passate guerre c'e' una ragione: viviamo in una cultura della manipolazione. Secondo Sheldon Rampton e John Stauber, autori di "Vendere la guerra" ("Weapons of Mass Deception"), l'Amministrazione Bush si e' impegnata in un'operazione straordinariamente aggressiva per creare il consenso pubblico alla guerra in Iraq, usando propaganda, disinformazione, distorsione delle notizie e vere e proprie bugie.

Gli autori illustrano brillantemente la rete di interconnessioni tra alcune delle maggiori agenzie di pubbliche relazioni nazionali, il Pentagono, il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca. Rampton e Stauber sono ben qualificati per analizzare le campagne diffuse dall'Amministrazione Bush: sono esponenti del Center for Media and Democracy, un'organizzazione di monitoraggio del settore delle relazioni pubbliche.

Gli oppositori dell'Amministrazione Bush hanno spesso criticato l'uso della propaganda di guerra ma questo e' il primo libro che documenta un'ampia casistica sull'argomento. E' scorrevole, appassionante e completo di una meticolosa documentazione, che suscitera' certamente l'indignazione di molti lettori.

Il libro illustra gli obiettivi del Progetto per il Nuovo Secolo Americano (fondato nel 1997 da William Kristol, Paul Wolfowitz, Dick Cheney e altri sostenitori della nuova Guerra del Golfo), dell'Ufficio per la Comunicazione Globale della Casa Bianca (istituito dopo l'11 settembre 2001, per creare un consenso internazionale verso il rovesciamento di Hussein), del Comitato per la Liberazione dell'Iraq (creato nel 2002 per guadagnare il consenso pubblico alla guerra) e di gruppi di studiosi neoconservatori sostenitori dell'invasione dell'Iraq (l'American Enterprise Institute, il Center for Strategic and International Studies e il Middle East Forum).

Molti esponenti dell'Amministrazione Bush hanno tenuto il piede in due staffe, barcamenandosi tra il Governo e il settore delle relazioni pubbliche. Ad esempio, Charlotte Beers, un'ex dirigente in due delle maggiori agenzie pubblicitarie del mondo, e' stata nominata sottosegretario di Stato per la diplomazia pubblica subito dopo la guerra in Afghanistan, per condurre una campagna televisiva volta a migliorare l'immagine dell'America agli occhi dei musulmani nel mondo, rivelatasi un fallimento. La portavoce del Pentagono, Victoria Clarke, aveva diretto la sede di Washington della principale agenzia di relazioni pubbliche del mondo, la Hill & Knowlton, che aveva realizzato la campagna pubblicitaria multimilionaria "Free Kuwait" nei preparativi per la prima Guerra del Golfo. Una schiera di consulenti di relazioni pubbliche stanno firmando contratti con il Pentagono e la CIA sulle questioni attorno all'Iraq, compreso John Rendon (direttore del Rendon Group), che si autodefinisce un "guerriero dell'informazione" e un "manager della percezione".

Infine, abbiamo il Capo di Gabinetto alla Casa Bianca, Andrew Card (ex vice presidente della General Motors), il quale ha spiegato lo scorso settembre al New York Times che le azioni militari contro l'Iraq sarebbero state rimandate di qualche mese perche' "da un punto di vista commerciale, non si lancia un nuovo prodotto in agosto".

Il libro riserva molte sorprese anche a coloro che seguono il giornalismo investigativo. Ad esempio, il Congresso Nazionale Iracheno, un gruppo spesso presentato dai media come un'alleanza di dissidenti in esilio, e' in realta' una creazione del Rendon Group, che ha versato 12 milioni di dollari dell'operazione della CIA per finanziare l'organizzazione tra il 1992 e 1996.
Sorprendente anche il caso della Benador Associates, "una potente compagnia di comunicazione che ha agito da agente" per alcuni "esperti" sul Medio Oriente connessi ai gruppi neoconservatori. L'agenzia assicura ai clienti le interviste sui notiziari televisivi, pianifica le loro apparizioni ai talk show e pubblica i loro editoriali sui maggiori quotidiani. I clienti della Benador hanno ricevuto un'attenzione straordinaria nei mesi precedenti alla guerra. Rampton e Stauber osservano che si e' trattato di un'attenzione "schiacciante in confronto a quella rivolta dai media e dai politici ai 1.400 professori universitari specializzati in studi mediorientali nelle universita' americane".

Oltre a smontare le leggende sulla guerra, il libro indica come e perche' cosi' tanti americani hanno creduto (e continuano a credere) nella propaganda dell'Amministrazione Bush. Le moderne armi di inganno di massa funzionano perche' fanno affidamento su tecniche gia' sperimentate: la paura causata dal dopo 11 settembre, gli allarmi sul terrorismo e le deportazioni di massa; una coalizione di media che ripetono all'infinito le dichiarazioni ufficiali del Governo con scarsa analisi critica; l'uso di un linguaggio che nasconde o inverte i significati (ad esempio, "cambio di regime", "liberazione", "coalizione del Bene" e "asse del male"); e la sostituzione nella sfera pubblica degli intellettuali indipendenti con "esperti" autoproclamati provenienti da gruppi fastosamente finanziati.

Il libro si chiude con il capitolo "Visti dagli altri", in cui viene analizzato l'atterraggio "Top Gun" di Bush sulla portaerei Abraham Lincoln - uno spettacolo descritto dal critico televisivo del Washington Post come uno "show patriottico, con la nave e l'equipaggio come elementi scenografici essenziali". Si stima che l'esibizione sia costata ai contribuenti 1 milione di dollari. Gli autori ritengono che dovremmo tutti interessarci a questa propaganda, poiche', sebbene stia attualmente aumentando il sentimento patriottico negli Stati Uniti, gran parte del resto del mondo ne ha una visione differente. Visti da oltreoceano, simili spettacoli mostrano un impero belligerante che gonfia minacciosamente i muscoli. E' difficile pensare a un modo migliore per diffondere ansia e ostilita' all'estero.

Questo libro dovrebbe servire anche come strumento di dissuasione culturale e come guida per controbattere a coloro che hanno accettato le giustificazioni per la guerra incondizionatamente. Possiamo solo sperare che ne verra' presto realizzato un documentario televisivo o un lungometraggio. In questo momento - mentre 150.000 soldati americani stanno occupando un Iraq ancora insidioso, senza che alcuna arma di distruzione di massa sia stata scoperta e con l'impressione crescente che gli esponenti dell'Amministrazione Bush abbiano fabbricato le giustificazioni per vendere la guerra al pubblico americano - il messaggio di questo libro non arriva soltanto al momento opportuno ma e' anche, urgentemente, necessario.

Roberto J. Gonzalez e' professore di antropologia alla San Jose State University e curatore del libro "Anthropologists in the Public Sphere: Speaking Out on War, Peace and American Power" di imminente uscita.

Il libro si puo' acquistare direttamente online su http://www.commercioetico.it

(fonte www.alcatraz.it)
«Avere un libro che ti accompagna è meraviglioso, è il miglior compagno di viaggio: sta zitto quando non vuoi che parli, parla quando vuoi sentir dire qualcosa, ti dà senza chiedere. Se lei viene nella mia biblioteca li vede, i miei veri grandi amici sono lì.»
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TierrayLibertad
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Messaggio da TierrayLibertad »

Quando si dirada il fumo (della propaganda) e si scopre che l'arrosto non esiste.

Dal manifesto del 25 gennaio 2004:

«L'Iraq, dopo il '91, senza armi proibite»
Il superispettore Cia, David Kay, si dimette e dichiara che l'Iraq non ha più prodotto armi di distruzione di massa dopo la guerra del `91. Colin Powell ammette: «una questione aperta». Crollano così le bugie di Bush, Blair e Berlusconi.
STEFANO CHIARINI

Di «smoking gun» in Iraq ce ne sono sempre di più, ma non esattamente quelle che avrebbero provato l'esistenza di armi di distruzione di massa e confermato le accuse sulla base delle quali gli Stati uniti e i loro ascari («ho visto le prove» disse sicuro di se Silvio Berlusconi) hanno colpito e distrutto il più importante stato arabo della regione. A dirlo non sono soltanto i pacifisti, gli ispettori «pentiti» come Scott Ritter, gli ispettori dell'Onu da Hans Blix a El Baradei ma lo stesso David Kay capo - appena dimessosi- di una mega commissione di oltre 1400 esperti, l'«Iraq Survey Group», incaricato lo scorso giugno dalla Cia di trovare le presunte armi di distruzione di massa irachene. Per dieci mesi gli uomini della Cia, delle Forze Speciali, della Defence Intelligence Agency, del Los Alamos National Laboratory, hanno ispezionato tutti i possibili siti legati alle armi di distruzione di massa e interrogato in una speciale base all'aeroporto di Baghdad gran parte dei tecnici e degli scienziati (alcuni dei quali non sarebbero stati più rilasciati), ma non hanno trovato alcun elemento che indicasse una ripresa della produzione di armi proibite dopo la guerra del 1991. In altri termini Saddam Hussein e Tareq Aziz avevano detto la verità mentre Bush e Blair avevano mentito.

Venerdì scorso, David Kay, stanco di un lavoro del tutto inutile, nel quale non crede più neppure la Cia - che infatti ha dirottato gran parte degli uomini della commissione nella guerra alla resistenza irachena - ha dato le dimissioni accompagnandole con una lunga e polemica intervista all'agenzia «Reuters». David Kay, prima di chiudersi in un assoluto silenzio si è sfogato con l'agenzia britannica sostenendo che dopo la guerra del 1991 l'Iraq non ha avuto più alcuna produzione significativa di armi di distruzione di massa e che quelle prodotte in precedenza erano state distrutte dal lavoro congiunto degli «ispettori dell'Onu e di azioni unilaterali da parte degli iracheni». Per quanto riguarda la vigilia della seconda guerra del Golfo e l'eventuale distruzione delle armi proibite «prima» dell'arrivo delle truppe Usa, l'esperto della Cia ha tagliato corto: «Non penso che esistessero». Le dichiarazioni di David Kay minano alla base quella che è stata la principale giustificazione della guerra all'Iraq ma non sembra che la Casa bianca abbia intenzione di cambiare posizione: «Si pensavamo che le avessero, e pensiamo che saranno trovate» ha sostenuto ieri Scott McClellan, portavoce di Bush. Una difesa sempre più difficile quella della Casa bianca tanto che Bush nel suo discorso sullo stato dell'Unione, martedì scorso, non ha più parlato di armi di distruzione di massa, ma solamente di «programmi» mentre il nuovo successore di Kay a capo della mega commisione di esperti, Charles Duelfer, ha annunciato che il suo obiettivo non sarebbero più eventuali depositi di armi di distruzione di massa ma «come» e «quando» queste sono state distrutte.

Del resto lo stesso Colin Powell, in volo verso la Georgia - dimentico del suo show al Consiglio di sicurezza con tanto di foto aeree e di provette di laboratorio nel corso del quale, alla vigilia della guerra, aveva accusato l'Iraq di avere armi di distruzione di massa - ha parlato ieri di «questione ancora aperta» e ammesso «la possibilità» che l'Iraq non avesse alcuna arma. Naturalmente le dichiarazioni di Kay hanno sollevato un vespaio di polemiche. Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan ha così invitato «a prendere seriamente le sue parole» mentre il capo dell'Agenzia atomica internazionale El Baradei, a margine dell'incontro di Davos, ha sostenuto «non mi meraviglio. Lo avevamo già detto alla vigilia della guerra». Ancora più ironico l'ex ispettore Scott Ritter secondo il quale «le armi di distruzione di massa non si producono nel deserto o sulle montagne ma in moderne industrie che erano state esaminate con cura». Ma se Bush dovrà rispondere alle domande dei candidati democratici, di Howard Dean in particolare, ancora più difficile si è fatta ora la posizione del premier britannico Tony Blair. L'ex ministro degli esteri Robin Cook ha chiesto ieri al premier di «ammettere i suoi sbagli» sostenendo che la posizione di Blair deriverebbe da «zelo misisonario» «certezze evangeliche» e una voglia sfrenata di compiacere George Bush. Se il castello di bugie costruito da Bush per giustificare la guerra sta traballando, non certo migliori per Washington sono le notizie che vengono dall'Iraq. Due autobombe e una carica esplosiva hanno ucciso cinque soldati Usa e due agenti iracheni. La prima carica esplosiva ha investito un convoglio Usa nella città di Falluja uccidendo due soldati e ferendone tre. Poco dopo un'autobomba è esplosa davanti al tribunale di Samarra, mancando di un soffio un convoglio americano: due poliziotti iracheni sono stati uccisi mentre i feriti, tra i quali sette americani, sarebbero quaranta. Nel pomeriggio un'altra automba ha investito in pieno un posto di blocco davanti alla base Usa di Khaldiya uccidendo tre militari.

Ciao
TyL
Caminante, son tus huellas
el camino y nada más;
caminante, no hay camino,
se hace camino al andar.

(A. Machado)

Se parlassi le lingue degli uomini e quelle degli angeli, ma non avessi l'amore, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

«Bisogna essere molto pazienti», rispose la volpe.

Se dici qualcosa che non offende nessuno, non hai detto niente
(O. Wilde)

Vero Acquario

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LuLù Lupetta
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Messaggio da LuLù Lupetta »

Grazie Tyl... ora mi stampicchio tutto :)

LuLù


P.s. vi consiglio vivamente di andare a vedere lo spettacolo di Beppe Grillo, in proposito è veramente tagliente.
«Avere un libro che ti accompagna è meraviglioso, è il miglior compagno di viaggio: sta zitto quando non vuoi che parli, parla quando vuoi sentir dire qualcosa, ti dà senza chiedere. Se lei viene nella mia biblioteca li vede, i miei veri grandi amici sono lì.»
(Tiziano terzani)
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