Vi copio qua sotto le recensioni che ho fatto, se volete qualche informazione chiedete pure, saro' lieto di rispondervi e di diffondere la musica di questi due gruppi

The Gathering - "Souvenirs"
Da bravo fan dei The Gathering aspettavo da molto questo "Souvenirs", soprattutto perche' ero curioso di sentire qualcosa di nuovo dopo il deludente "If_then_else" (uscito nel 2000). In questo lungo lasso di tempo la band deve avere lavorato non poco (e lo si poteva intuire gia' dal controverso e sperimentale ep, che a me era piaciuto, "Black Light District", uscito un po' di tempo fa, ma difficilmente reperibile in Italia, tanto che credo sia stato distribuito ufficialmente nella nostra nazione solo adesso, in contemporanea col nuovo album). Ed e' con grande piacere che ho constatato l'attuale stato di grazia della band, che ha compiuto ancora un passo in avanti, si e' evoluta di nuovo (pur memore del suo passato) ed ha sfornato un disco davvero notevole, una delle cose migliori che abbia sentito in questo inizio 2003 !!! Chiariamo subito che i The Gathering non sono piu' metal, non lo sono piu' da un pezzo... il doom degli esordi e' lontano anni luce, ed anche il gothic di "Mandylion" (loro capolavoro) e' ormai solo un'ombra, la band e' adesso concentrata su quello che lei stessa definisce "trip rock", definizione che trovo molto adatta a questi 10 brani. Tentero' di spiegarvi un po' di cosa si tratta... Pensate alle atmosfere e alle sonorita' psichedelice e settantiane di "How to measure a planet ?", il doppio album (di cui l'attuale sound e' l'evoluzione) uscito prima di "If_then_else", aggiungete poi una forte dose di trip hop (penso che il precedente disco sia servito alla band per metabolizzare un'elettronica di concezione piu' "moderna" rispetto a quella dal sapore retro' che veniva utilizzata prima). Ora concentratevi sulla voce di Anneke... Questa voce, ispiratrice di un'infinita serie di cloni, non e' mai stata tanto protagonista quanto lo e' in questo disco (e si' che e' sempre stata il centro della musica della band !!). Le parti strumentali sono infatti minimali ed intimiste, un perfetto sfondo e complemento per i vocalizzi della bionda cantante. "You learn about it", per esempio, e' il manifesto di quanto detto, una delle due migliori composizioni del lotto (l'altra e' "A life all mine" di cui parlero' dopo), un dolcissimo pezzo in cui degli arpeggi acustici, una delicatissima sezione ritmica e delle tastiere estremamente atmosferiche fanno da base alla voce di Anneke, che evoca immagini dolci e sognanti... "You learn about it" e' indubbiamente uno dei migliori pezzi mai scritti dalla band, ed e' impossibile non rimanere catturati dalle sue atmosfere !! "A life all mine", citata prima, e' invece il brano realizzato insieme a Trickster G degli Ulver (e gli Ulver di "Perdition City" sono un'altra evidente fonte di ispirazione di questo disco, basti ascoltare un pezzo come "We just stopped breathing", sempre tenendo presente pero' che i The Gathering rielaborano il tutto in una chiave fortemente personale, ed imprimono evidentemente il loro marchio su tutte le influenze). Questo pezzo suona come la perfetta fusione di The Gathering ed Ulver nuovo corso, con una drum machine "rumorista" tipica di questi ultimi e con le atmosfere che regnavano in "Perdition City" rilette attraverso l'ottica sognante dei The Gathering. Gli scambi vocali tra Anneke e Trickster G sono poi davvero riuscitissimi, e basterebbe questo pezzo (insieme a quello di cui ho scritto sopra) per giustificare l'acquisto del cd. Eppure anche gli altri brani non sono da meno... Certo, le due gemme citate sono gli apici compositivi del disco, ma anche "Broken glass" (di cui c'era una versione pianistica su "Black light district") e' una bella composizione, "liquida" e sognante, con un retrogusto malinconico che pero' non diventa mai tristezza, e serve solamente per sottolineare ancora di piu' le eteree atmosfere oniriche del brano (e questo discorso si puo' generalizzare un po' a tutto il disco). Va poi citata la title track, incantevole e ricca di suggestioni (non solo vocali, in questo pezzo anche gli strumenti si producono in passaggi decisamente evocativi !!). Non manca poi qualche brano piu' sostenuto, come "Monsters", che ha un tiro molto "aggressivo" (pur restando un brano "dolce"). Ma ora smetto di citare i singoli brani, altrimenti non finisco piu' (anzi, no, vi voglio citare anche l'ipnotica e cadenzata "Golden grounds", che merita almeno di essere nominata in queste righe !!!)...
Bisogna infine spendere due parole sulla assimilabilita' del disco. Non e' facile entrare nelle atmosfere di questo album, ci vogliono diversi ascolti prima di capire "Souvenirs" (senza contare che i primi due pezzi del disco sono i meno riusciti... non che siano brutti, pero' prendono meno degli altri, e messi subito come attacco rendono il tutto ancora meno assimilabile), tuttavia lo sforzo viene poi ampiamente ripagato...
Non c'e molto altro da dire, i The Gathering hanno ancora una volta dimostrato la loro classe (e restano uno dei pochi gruppi allontanatisi dal metal, ma ancora apprezzati da parecchi appassionati del genere, che solitamente "ostracizzano" chi prende altre vie), e non posso far altro che consigliare vivamente questo disco...
Katatonia - "Viva Emptiness"
Il nuovo album dei Katatonia era atteso da me con molta ansia (insieme a quello dei The Gathering) in questo inizio 2003. Come "Souvenirs" non ha deluso le aspettative, cosi', e forse anche piu', "Viva Emptiness" ha dimostrato di essere meritevole dell'attesa, e di candidarsi gia' da ora tra le migliori release di quest'annata !!
I Katatonia hanno infatti prodotto un vero gioiello, una scura lacrima cristallizzata... Il loro sound si e' indurito rispetto al precedente "Last fair deal gone down" (ma i nostri ci avevano avvertito che cio' sarebbe avvenuto), tuttavia le sensazione di tristezza e dolore sono ancora fortissime, forse anche piu' di prima (d'altronde senza tristezza e dolore non sarebbero i Katatonia...). Nonostante le 13 tracce siano infatti "chitarrosissime", con parti di batteria tirate e con la voce che spesso accompagna al pulito altre interpretazioni piu' sporche, la "desolazione malinconica" e il "dolore dolce" regnano sovrani tra i solchi del disco. L'opener "Ghost of the sun" mette subito le cose in chiaro: una devastazione sonica dalla quale spunta una sinistra melodia, sulla quale poi si innesta la voce di Jonas Renske, portatrice di dolore e sofferenza ("I trusted in you, you lied..."), che si mescola alla rabbia delle chitarre ed ottiene un effetto veramente "emozionale". La successiva "Sleeper" e' un po' piu' tranquilla, crea atmosfere molto "notturne" ed ha come punti di forza, oltre alla solita voce, anche le chitarre acustiche che "venano" il brano. Il terzo episodio e' un classico pezzo "alla Katatonia", strofe calme e un po' cadenzate, atmosfere intimiste e "cullanti", che esplodono poi in un ritornello che si appiccica addosso e che permea tutto con la sua amarezza. Vorrei saltare qualche composizione e sbrigarmi, ma non si puo'... anche la quarta traccia merita infatti una menzione !! "A premonition" e' un brano decisamente "tranquillo", semplice nel suo intrecciarsi di voce e chitarre, che nel ritornello non esplodono, ma questa volta diventano ancora piu' tristi... da notare l'effetto della canzone, che va in crescendo, con gli strumenti che si aggiungono sempre (ad un certo punto compaiono anche le chitarre elettriche), per poi cominciare a spegnersi, ottenendo un effetto "a parabola" quando il brano va lentamente "spogliandosi"... davvero da brivido !! La successiva "WIll i arrive" e' un po' piu' una "mazzata", anche se ingloba pure lei delle parti piu' atmosferiche. "Burn the remembrance" e' un altro brano che si fa notare, con le chitarre acustiche che dominano spesso la scena e che non scompaiono neanche quando appaiono le elettriche ad impadronirsi del sound ! "Wealth" e' un altro buon pezzo, tra i piu' duri del disco, mentre "One year from now" e' l'unica composizione che non mi convince del tutto, strana e mutevole, ma non riesce a catturarmi piu' di tanto... Con "Walking by a wire" si torna su alti standard (mi piacciono le linee di basso!!) e in "Complicity" si nota una certa influenza (ammessa anche da parte dei Katatonia) dei Tool, influenza "utilizzata" davvero bene ! Si arriva cosi' all'highlight quel disco, quella "Evidence" di cui gia' da tempo giravano delle clip di pochi secondi e che mi avevano reso difficilissima l'attesa del disco ! Il brano ha tutto cio' che di meglio i Katatonia offrono: una melodia accessibilissima, dei bellissimi intrecci chitarre/voce, e delle strofe ammalianti che si trasformamo in un chitarroso ritornello dolceamaro irresistibile! Grandissimo pezzo, e non c'e' altro da dire... Ci avviciniamo alla chiusura, ed il penultimo brano si mostra un po' diverso dal resto del disco... "Omerta" e' infatti interamente incentrato sulle chitarre acustiche e sulla interpretazione vocale, e i chitarroni che negli altri brani prima o poi venivano fuori, qua non compaiono mai. La conclusiva "Inside the city of glass", infine, e' lunga e ricca di suggestioni, ma non colpisce come altri brani...
Che dite, vi e' venuta l'acquolina in bocca ? E pensate che l'artwork, curato da Travis Smith (bravissimo, e tra l'altro i suoi lavori per i Katatonia sono tra le migliori cose che abbia fatto), e' decisamente riuscito ed in linea col disco. So che quello che conta primariamente e' la musica, ma qua essa c'e', e un accompagnamento adeguato non fa di certo male...
Non so che altro aggiungere, tutti gli appassionati delle sonorita' piu' tristi dovrebbero far loro ad occhi chiusi questo album (anche perche' non c'e' quel senso di "crogiolamento nel dolore" che tanto spesso da' fastidio in dischi simili, qui tutto suona sentito e vero), frutto di una band ormai matura e imprescindibile nel suo campo. "How could this go so very wrong ?" si chiedeva la band nel precedente album, direi che in questo caso nulla e' andato nel verso sbagliato (almeno dal punto di vista del disco), per cui bravissimi Katatonia !