Vittorio Zucconi su [url=http://www.repubblica.it/2006/06/speciale/altri/2006mondializucconi/macchina-aspirapensieri/macchina-aspirapensieri.html]la Repubblica[/url] ha scritto:La macchina aspirapensieri
Non tento neppure di cominciare a leggere le mail che arrivano nella casella della rubrica in queste ore. Posso soltanto ringraziare chi ha fatto la fatica di scrivere, compresi quelli che lamentano la mia empietà nei confronti dei propri santini, e garantire che la mia non è indifferenza ai loro messaggi, ma soltanto mancanza di tempo e abbondanza di stanchezza.
Già, perché come tutti voi che scrivete, anche noi che abbiamo avuto la incredibile fortuna di seguire dal vero e da vicino qui in Germania, travestiti da giornalisti, questa edizione surreale della Coppa del Mondo, sempre in bilico tra la vergogna del pozzo nero spalancato dalle intercettazioni e la vertigine del volo verso l'alto, cominciamo ad avvertire, dietro la nostra tensione di tifosi che aumenta verso le ore 20, l'ombra di quella stanchezza che ci prenderà lunedì mattina quando, vinto o perso, sbatteremo contro la scoperta che anche questo Mondiale è finito. E sentiremo il macinino della quotidianità, gli esami, le bollette, gli acciacchi, il vicino di casa rompiballe, l'idraulico che non viene, il figlio che piange, la figlia che fa troppo tardi alla sera, ricominciare a girare. E nessun evento sportivo, neppure le nobili Olimpiadi, neppure la versione tascabile della Coppa Mondiale chiamata Europeo o tantomeno quella chiavica di campionato nazionale che ci attende, potrà surrogarlo fino al 2010 in Sudafrica.
Prima di essere trasformato in una macchina succhiasoldi, il calcio funziona da macchina succhiapensieri. Nella sua forma più intensa, quale appunto un Mondiale o una Coppa dei Campioni com'era quando era una cosa seria riservata ai Campioni, nulla aspira le preoccupazioni, la banalità, la fatica di vivere come il gioco del calcio e purtroppo su questa sua capacità di risucchiare i cervelli i farabutti hanno fondato le loro fortune e il loro ipnotico potere. Non è ovviamente vero che tutti gli Italiani siano "parassiti", come scrisse il famigerato articolo di satira alla verza di Spiegel, ma quelli che sentiamo parlare sono parassiti. Ossequiati, riveriti, adulati, in macchina blu e tribuna vip con gnocca di servizio accanto, ma parassiti.
Chi blatera di "garantismo", per buttare polvere negli occhi, dimentica sempre di spiegarci chi abbia "garantito" le vittime, i polli che si sono fatti spennare per poter accendere la macchina succhiapensieri con i colori della maglietta adorata. Non ricordo grida sussiegose di "garantisti" mentre il calcio diventava un bordello di pay per tutto e le società più spudorate avevano addirittura la faccia di bronzo di andare in Borsa con carta straccia e poi di domandare agli stessi polli di spalmare i suoi buchi nelle casse di tutti, nell'erario.
Abbiamo dunque ancora un'ora e mezzo, o due, per vivere l'ultimo scampolo di un calcio che non c'è più e forse non ci sarà mai più, prima che la musica finisca.
Perché si può pensare quello che si vuole del calcio italiano (e peggio se ne pensa meglio è) ma la squadra che ci rappresenta e che questa sera contenderà alla Legion Etrangère sotto bandiera francese la Coppa è arrivata fino alle 20 di questa sera senza spinte, senza telefonate, senza arbitri chiusi nel cesso, senza manine sapienti, senza quel "lei non sa chi sono io" che era la norma nella Lega.
Abbiamo giocato malissimo, maluccio e abbastanza bene. Abbiamo sconfitto squadrette buone e cattive, perché naturalmente per noi tutti sono pippe quando perdono e colossi quando ci battono, compresa quella Germania che è arrivata terza e ha disintegrato i tristissimi Portoghesi, dunque lievemente più avanti dell'Arabia Saudita. Si giudichi come si vuole la strada che questa Nazionale ha fatto, ma una cosa si ammetta: l'ha fatta da sola, tirandosi dietro una nazione recalcitrante che aveva una gran voglia di vederla ruzzolare per poi, secondo tradizione, prenderla a calci mentre era per terra.
Invece sta qui, perché ci è arrivata con le sue gambe e vorrei tanto, ma tanto, vederla arrivare in cima, per dimostrare ancora una volta che noi Italiani non abbiamo sempre bisogno di spintarelle, di santi in paradiso, di stelloni, di calciinculo, di uomini del destino, di demiurghi, di duci e di ducetti e a volte neppure di governi, per camminare. E possiamo anche farcela da soli, se soltanto ci lasciassero lavorare, come ce l'abbiamo fatta tante volte.
Da lunedì, i cosiddetti bravi ragazzi in maglia azzurra e mutanda (spero) bianca, torneranno a essere saltimbanchi pronti a lavorare per il circo che li paga meglio, secondo l'esempio del registro di cassa umano, Fabio Capello.
Ma ancora per due ore, io accendo l'aspirapensieri senza riserve e senza il timore di essere stato bidonato ancora una volta da magliari che mi hanno venduto lanetta rigenerata per cachemire purissimo. Poi vadano dove gli pare e dove li pagano meglio, come hanno diritto a fare, fino a quando ci sarà chi li paga milioni per giocare, e beati loro. Ma fino alle 22, magari 22 e 30 sono ancora nostri. Si calmino gli indignati di professione e i fustigatori implacabili di vizi altrui. In ogni caso da lunedì, la bolla si rompe e la vita ricomincia. Tanto vale ricominciarla da Campioni, piuttosto che da trombati.
(9 luglio 2006)