Katarina, giovane architetto, decide di tenere il figlio che aspetta e non ha intenzione di sposarne il padre. Raggiunge la madre Elisabeth in una baita della Svezia e decidono di comprare insieme una casa in campagna. Ritornata a Stoccolma, viene aggredita e picchiata selvaggiamente dal suo amante che scappa in America. La brutale aggressione fa riemergere in Katarina gli incubi e i traumi mai risolti della sua infanzia quando sua madre era sistematicamente picchiata dal marito e lei, di appena 5 anni, le portava soccorso. Lentamente madre e figlia recuperano i ricordi e riallacciano un legame molto forte; attraverso delle lettere, la madre descrive la sua triste infanzia con una madre labile di mente che le rimproverava di essere brutta e inoltre intelligente (per cui sarebbe rimasta zitella), un padre pastore incapace di comunicare e i bambini del villaggio che la evitavano perché di buona famiglia e straordinariamente intelligente. Poi conosce il marito di cui si innamora ma viene contraccambiata con umiliazioni e botte. Katarina non riesce a capire perché la madre accettasse questa violenza: era un’insegnante, colta e poteva mantenere lei e suo fratello. Soprattutto, Katarina non riesce a comprendere la sua vita vissuta finora con un continuo e frenetico cambiamento di uomini e senza un amico: come ha potuto poi farsi picchiare anche lei? Sembra quasi un destino, ma Katarina non vuole ripercorrere gli stessi errori della madre che, angosciata dai sensi di colpa e dalla compassione, perdonava il marito permettendogli di continuare a picchiarla e di segnare indelebilmente l’infanzia della figlia.
Lentamente, Katarina ricostruisce i traumi della sua infanzia grazie alla madre e all’appoggio del fratello con la sua imprevedibile e fuori dal comune cognata, e accetterà che il suo amante (violento e anche lui, con una infanzia di botte, manesco con la moglie) pentito e frastornato possa assistere al battesimo della figlia. Di lui però non vuole sapere più nulla: non vuole ripercorrere gli stessi errori della madre.
Sicuramente un buon romanzo che tratta un argomento molto difficile in maniera delicata ma non mi ha del tutto convinta: proprio la protagonista principale sembra un personaggio poco credibile mentre le figure di contorno (soprattutto la madre e la cognata) sono invece descritte molto bene.
E’ inoltre interessante come l’autrice cerchi di descrivere la violenza sulle donne non dal punto di vista maschile (perché l’uomo la picchia? Ha avuto a sua volta un padre manesco? Ha problemi psichiatrici?) che rimane di sottofondo, ma considerando e cercando di spiegare i meccanismi a volte incomprensibili di chi accetta una violenza pur potendo andarsene (come Elisabeth) e il terribile senso di vergogna che assilla la vittima, come se fosse lei in qualche modo responsabile di quello che è successo.
Figlia adorata - Marianne Fredriksson
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