Intervista ad Andrew Keen - The Cult of The Amateur

Area dedicata alle recensioni (e conseguenti commenti) nonche' alle richieste di pareri sui libri.
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Intervista ad Andrew Keen - The Cult of The Amateur

Messaggio da Folini »

Salvea tutti,
Vorrei segnalare l'intervista che ho realizzato venerdi' scorso con Andrew Keen, l'autore di "The Cult of the Amateur", il libro che sta suscitando infinite discussioni e polemiche nella blogosphere. Dopo aver passato il weekend a trascrivere la registrazione audio dell'intervista (Andrew ama parlare e parlare e parlare...) questa mattina l'intervista e' andata online sul blog di Novedge. Questo il link all'intervista.

Interessante notare che mentre qui negli USA Andrew e' (a mio parere ingiustamente) accusato di essere un reazionario, in Italia e' stato "promosso" da Il Manifesto.

Fatemi sapere le vostre opinioni!

Dimenticavo: con Andrew abbiamo deciso di regalare una copia firmata del volume ai tre commenti piu' interessanti all'intervista che appariranno sul blog.

Franco Folini
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Messaggio da liberliber »

immagino non sia uscito ancora in italiano...
qualche anglofono l'ha già letto? :D
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
Amo le persone. E' la gente che non sopporto (Schulz)
Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la sensazione di avere torto (Wilde)
I dream popcorn (M/a)
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Meglio mail che mp. Grazie.
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Messaggio da Folini »

Se qualche buon anima volesse tradurre l'intervista sarebbe favoloso!
Il libro di Andrew verra' presto pubblicato in Italia. Andrew mi ha confermato di essere in contatto con una casa editrice e di essere alla ricerca di un traduttore.

Andrew Keen e' stato intervistato anche dalla CNN, e un articolo (sconclusionato e sensazionalistico) e' stato pubblicato da Panorama.

Franco
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Messaggio da liberliber »

messa così la vedo dura, dato che per buon anima di solito si intende MORTO :P :lol:
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
Amo le persone. E' la gente che non sopporto (Schulz)
Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la sensazione di avere torto (Wilde)
I dream popcorn (M/a)
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Messaggio da Folini »

Abbi fede (manzoniana) nella divina provvidenza.

Franco
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Messaggio da -gioRgio- »

Anche se dubito che l'area sia quella acconcia (ma i moderatori faranno certamente il loro sporco mestiere :-) ), l'argomento mi sembra molto interessante, quindi comincio la traduzione - non prometto di finirla :whistle:
Se qualcun altro vuole unirsi alla fatica lo segnali, onde evitare di fare piu' volte lo stesso lavoro.

Franco, visto che sei l'autore sarebbero estremamente gradite tue eventuali correzioni e commenti alla traduzione - cosi' magari abbiamo anche il ritorno di migliorare il nostro inglese....

Questo e' l'inizio della traduzione:

_____________________

Andrew Keen e' un imprenditore della Silicon Valley e uno scrittore. Quando il suo nuovo libro, "The Cult of the Amateur", e' sbarcato nelle librerie qualche settimana fa, ha immediatamente attratto l'attenzione della critica. Il libro ha messo in dubbio i valori centrali della rivoluzione del Web 2.0 mettendo in risalto i suoi danni economici, etici e sociali. Come per ogni rivoluzione, anche il Web 2.0 ha i suoi zeloti che non hanno mancato l'opportunita' di mettere in discredito Andrew Keen e respingerne il libro bollandolo come una cattiva ricerca. Benche' io non sia in pieno accordo con Andrew, credo fermamente che ci sia bisogno di opinioni piu' provocatorie come le sue per comprendere meglio tutte le implicazioni dei cambiamenti creati da Internet. Lo stesso giorno in cui ho finito di leggere il libro ho chiesto ad Andrew di rilasciarmi un'intervista e un paio di giorni dopo eravamo seduti in una pasticceria a Berkeley bevendo un caffe' e discutendo del libro. Ecco la trascrizione, con solo alcune modifiche marginali, dell'intervista originale dal vivo.

VINCI UNA COPIA AUTOGRAFATA DEL LIBRO: offriamo tre copie autografate de "The Cult of the Amateur" ai tre commenti piu' interessanti inviati nelle prossime due settimane. Io ed Andrew selezioneremo i vincitori. Dopo aver letto l'intervista siete pregati di lasciare un commento con la vostra opinione spassionata, e non scordate di darci un indirizzo di posta elettronica autentico dove possiate essere raggiunti nel caso in cui risultiate tra i vincitori.

D: Andrew, ci puoi dire qualcosa di te e delle tue attivita' professionali?

R: Sono un "vecchio" della Silicon valley, un veterano del business di Internet. Ho fondato AudioCafe' nella meta' degli anni novanta. Ho prodotto spettacoli sul futuro della tecnologia, ho lavorato come senior in parecchi startup e come dirigente esecutivo di marketing e delle vendite - quindi ho un background sia come imprenditore che come dirigente operativo.

D: "The Cult of the Amateur" presenta un'opinione diversa, meno ottimistica circa l'impatto di Internet sulla nostra societa' e sulla nostra economia. Com'e' stata accolta finora?

R: E' stato recepito in modi molto diversi da persone diverse. La maggior parte della gente nella comunita' del Web 2.0 non pensa che il libro sia imparziale o accurato. Sono d'accordo che non sia particolarmente imparziale, penso che sia relativamente accurato. Hanno cercato di criticare minuziosamente il libro ed hanno insinuato che alcuni dei fatti sono sbagliati. Tutti i fatti sono tratti dai media piu' diffusi, da articoli di giornale, quindi non c'e 'poi cosi' tanto di sbagliato nel libro. E' una polemica, percio' porto argomentazioni. A volte le mie argomentazioni sono meno stringenti di altre, ma cerco di creare un caso e non tutte le argomentazioni sono perfette. Il libro e' stato ben accolto nella comunita' della critica: il New York Times, ad esempio, gli ha accordato una critica estremamente positiva. A.N. Wilson del Daily Mail di Londra, un importante biografo e scrittore, lo ha definito un libro molto rilevante. A parecchi critici e' piaciuto e ad altri no, ovviamente. Ho avuto veramente molti riscontri positivi da molti lettori. Benche' ci siano molti tecnologi contenti di cio' che ho scritto, parecchie critiche positive sono arrivate da insegnanti, accademici, bibliotecari, gente esposta sul fronte di questa nuova guerra culturale, che hanno capito cio' che ho detto, che rispettano il fatto che i bambini oggi sono una sorta di illetterati mediatici - non hanno idea di cio' che leggono - che sono turbati dalla sparizione dei giornali e che vedono nei cosiddetti siti di community come MySpace e YouTube solo un sacco di pirateria intellettuale e di corruzione morale. Sono particolarmente incoraggiato dal fatto che la gente veramente in prima linea in queste nuove guerre culturali sia in sintonia con quanto dico. Dicono:"Si', hai ragione, e' qualcosa che sta accadendo e abbiamo bisogno di fare qualcosa."

D: Mentre pochi grandi giornalisti lavorano sodo per investigare e comprendere il mondo attorno a noi, molti altri stanno seduti al loro tavolo riscrivendo comunicati stampa o riformattando dispacci d'agenzia. I blog e i blogger non possono essere un'alternativa migliore?

R: Io penso che il punto piu' debole del mio libro sia che idealizza i media di larga diffusione e riconosco il fatto che questi non sono ideali come vorrei. Ho una visione idealizzata di come lavori un buon giornalista, penso a John F. Burns del The New York Times or Robert Fisk del The Independent, e a molti altri giornalisti che erano veramente gli eroi della mia gioventu', e infatti in qualche modo avrei voluto esserlo anch'io. Quindi hai ragione, ci sono un sacco di giornalisti pigri e penso che sia un bene che Internet gli dia un bel calcio nel sedere. Alcuni di essi stanno perdendo il lavoro - non applaudo per questo, non penso che sia una cosa buona quando chiunque perde il proprio lavoro, ma forse c'era un sacco di grasso nei media tradizionali che andava reciso. Spero che il muscolo non venga reciso insieme al grasso. Il pericolo e' questo. In termini della blogosfera, naturalmente, ci sono alcuni blogger molto molto buoni ed alcuni molto intelligenti, benche' tra 17 milioni questo sia auspicabile perche' se cosi' non fosse penso che dovremmo trarre delle predizioni molto gravi nei confronti del genere umano. Il problema della blogosfera, per la maggior parte, e' che essi dipendono dalle informazioni dei giornalisti ad ampia diffusione. Quindi, se fai fuori i giornali, a riguardo di che cosa potranno scrivere i blogger? Sono del tutto a favore dei blogger - dei blogger di qualita' - che diventino professionali, vengano retribuiti, che passino le loro giornate a scrivere sul mondo, e a far ricerca sul mondo. Il problema e' che la blogosfera non e' molto rappresentativa di un modello di affari molto coerente, percio' la larga maggioranza dei blogger non fanno soldi. Ecco perche' plaudo a qualcosa come l'Huffington Post, che sta facendo un tentativo di pagare effettivamente i blogger migliori per il lavoro che fanno. Percio' sono del tutto favorevole a professionalizzare la blogosfera, solo che non sono tanto ottimista sul fatto che cio' avvenga. Ci sara' certamente bisogno di piu' di uno sforzo da parte di tutti, giornalisti di larga diffusione e gente di Internet.

D: Uno dei problemi principali di Internet e' quello di estrarre contenuti "validi" e "rilevanti" da un mare di spazzatura o di contenuti scollegati. Tu sostieni che il voto popolare (come avviene per Wikipedia, Digg e ReddIt) non sia una buona soluzione al problema. Qual e' la tua opinione sull'approccio "genetico", come quello utilizzato da Pandora?

R: Penso che questa sia una domanda interessante e difficile. Penso che un'altra azienda che puoi includere nella stessa categoria di Pandora sia Mahalo. A quanto ho capito di Pandora, loro usano capacita' umana per riconoscere la forma e le identita' musicali per aiutare la gente a capire i propri gusti. E sono piu' favorevole a cio'. E non posso commentare il loro algoritmo. Ho usato il sistema di Pandora, non ne sono rimasto particolarmente impressionato, ma mi piace il principio di avere un elemento umano nell'algoritmo. Ecco perche' mi piace cio' che sta facendo McCabe Calacanis con Mahalo. Penso che sia una buona cosa. Non credo negli algoritmi basati sull'intelligenza artificiale pura, Google per me e' problematico, cosi' come gli altri basati sull'"azione di massa". Google e' essenzialmente un'avocazione dell'"azione di massa" allo stesso modo
di ReddIT e Digg. Quindi preferisco l'approccio di Pandora e Mahalo, che penso sia piu' un compromesso e che possa sicuramente essere il futuro. Non sono sicuro che Pandora funzionera', ma certamente ci deve essere un elemento umano; ci dev'essere un elemento editoriale con autorita'. Cio' che mi piace di Pandora e' che prendono esperti musicali allo stesso
modo in cui Mahalo usa esperti della ricerca per immettere intelligenza nei loro siti web, il che e' una buona cosa. Ma la massa, la folla, per me non e' intelligente. La folla e' un'astrazione, e' senza significato, e spesso viene dirottata da attivisti che si nascondono dietro l'anonimato.
Ultima modifica di -gioRgio- il gio lug 19, 2007 1:36 pm, modificato 2 volte in totale.
-gioRgio-

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Messaggio da Folini »

-gioRgio-
Stai facendo un incredibile lavoro! Un grazie a nome di tutti. Come vedi Andrew ama parlare...
Come potro' mai ringraziarti?

Franco

P.S. Ieri sera al meeting mensile del BC group di San Francisco la mia copia firmata de "The Cult of The Amateur" e' immediatamente partita per un piccolo ring informale . Non vorrei distruggere un mito, ma il BC di San Francisco e' costituito principalmente da signore di mezza eta' che mentre discutono di libri ricamano o lavorano a maglia (io non sono una signora ne' ricamo...).
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Messaggio da -gioRgio- »

Folini ha scritto:Come vedi Andrew ama parlare
Beh, ne e' consapevole, visto che si e' autodefinito a bigmouth :-)


Seconda ed ultima parte della traduzione:

--------------


D: Chi trarra' beneficio da un futuro senza privacy, dove tutti i contenuti saranno generati da dilettanti? Che genere di persona emergera' come leader in una tale societa'?

R: Questa e' una domanda davvero interessante ed importante. Voglio dire che chiaramente, in termini d'affari, la gente che ne trarra' vantaggio sono gli Eric Schmidt (di Google, N.d.T.) e gli Steve Chen e Chad Hurley (di YouTube, N.d.T.) del mondo. Non voglio dire che siano aziende fraudolente, perche' sono imprese intelligenti, ma sono aziende che stanno decimando l'imprenditoria a contenuto tradizionale perche' stanno fondamentalmente, se non rubando il contenuto, camminando su una linea molto sottile tra una specie di furto e la legittima appropriazione per monetizzare il loro prodotto di "azione di massa" minando i modelli d'impresa tradizionali, Cosi', in termini d'affari, questa e' la gente che ne beneficia. Penso che sia gente in gamba, sai che rispetto il potere imprenditoriale di Eric Schmidt. Cio' che non rispetto e' la sua disonesta' quando va a toccare gli aspetti sociali e culturali. Quando senti parlare Schmidt sembra che Google sia un nostro amico, Google vuole riformare il mondo, portare il potere alle masse - non puo' far danni. Sta diventando un uomo immensamente ricco, non si puo' immaginare quanto, e non lo vedo far molto per migliorare la vita della gente in Africa o qualcosa del genere, e' una sorta di doppiezza. Ancor piu' preoccupante di cio', il tipo di persone che ne avra' beneficio sono quelli che fanno autopromozione. Questo e' un mezzo d'informazione disegnato per esperti di qutopromozione. Ora, Larry Lessig mi ama e pensa che qualunque cosa io dica sia sbagliata, e a me lui non piace piu' di quanto gli piaccia io. Ma dice che io sono un brillante autopromotore, il che e' vero, e che questo e' il motivo per cui questo libro ha ricevuto tanta attenzione, perche' sono bravo a farlo, perche' comprendo come funziona. Sono bravo a rilasciare interviste. Non sono una persona timida. Pero' il problema in questo mondo e': vuoi veramente una cultura con persone come me - chiacchieroni - gente che e' felice, esperti nel parlare, esperti nel dare messaggi. E' un nuovo tipo di oligarchia di manipolatori d'informazioni di ogni genere. E la gente che ha vero talento sara' perduta perche' non sono bravi a fare autopromozione. Quando lasci perdere l'ecosistema, quando lasci perdere le infrastrutture, quando gli scrittori si devono promuovere da soli, quando i musicisti si devono promuovere da soli, non avremo piu' i Bob Dylan o i Bruce Springsteen, Avremo le Madonna. Avremo le Paris Hilton, buone solo per acrobazie di autopromozione, che vanno in giro senza mutandine o dicendo alla gente stupidaggini per sollecitare la loro attenzione. Cristopher Hitchens e' un tipo grandioso, prosperera' in questo mondo. Sarebbe grande se tutti gli scrittori di talento fossero bravi come Cristopher Hitchens in quanto ad autopromozione, ma non lo sono. Questo mi preoccupa davvero.

D: Se le tue peggiori previsioni si avverassero, con chi ce la dovremmo prendere? Con i tecnologi che hanno realizzato gli strumenti per "popolarizzare" la creazione del contenuto o con i nostri leader per non aver gestito l'evoluzione?

R: Direi con nessuno di loro. Direi che ce la dovremmo prendere con noi stessi. Ci dobbiamo assumere la responsabilita' di questo. Guardiamo all'Internet Web 2.0, e' uno specchio, stiamo guardando noi stessi. E' troppo facile dare la colpa agli altri. E' troppo facile, e do' la colpa a me stesso, a Eric Schmidt, e' troppo facile dare la colpa ai politici che certamente non sono da biasimare - loro sono le vittime, semmai. E' troppo facile biasimare i leader dei mass media che, di nuovo, sono le vittime. Penso che tutti abbiamo la responsabilita'. Noi siamo quelli che determinano se dovremo pagare o dovremo rubare il nostro contenuto. Stiamo educando i nostri bambini sul valore di Wikipedia? Li stiamo lasciando andare su MySpace? Stiamo smettendo di comprare i giornali? Stiamo rispettando i media ad ampia diffusione o stiamo continuando a lamentarci e a borbottare sulla loro corruzione? Quindi, alla fine, siamo noi che determiniamo questo. non c'e' nulla di inevitabile in relazione alla tecnologia. Noi le diamo forma, noi la creiamo, non ha alcuna autonomia, alcuna indipendenza senza noi stessi. Se c'e' un messaggio in questo libro e': siamo i responsabili di questo! Se le cose vanno davvero male, siamo da biasimare noi collettivamente. E siamo responsabili per ripulire questa cosa, per stabilire un contratto sociale, siamo responsabili per costringere la gente, soprattutto, a non usare questi nuovi media come una specie di "stato di natura" hobbesiano dove ci insultiamo reciprocamente. Una cosa che penso che dovremmo combattere collettivamente, che dovremmo tener continuamente a posto, dovremmo renderla un ambiente molto piu' attraente, sarebbe combattere contro l'anonimita'. Se solo ognuno aderisse collettivamente come ad una specie di contratto sociale per dire:"Ok, stiamo andando tutti su questo media, non e' ideale ma un modo per migliorarlo e di essere tutti d'accordo a non essere anonimi, accordiamoci per rivelare chi siamo veramente". Non siamo in Cina, non siamo in Iran. nessuno viene messo in galera, starei in galera per il resto della mia vita. Il fatto e' che dovremmo rivelare chi siamo perche' ci comportiamo come esseri umani piuttosto che come animali. La metafora della scimmia funzionava molto bene, ma noi in effetti ci comportiamo un po' come scimmie, come primati, quando restiamo anonimi. Come quando siamo in macchina e nessuno sa chi siamo quando ci mostriamo l'un l'altro il dito medio. Quando stiamo seduti attorno un tavolo siamo educati. Voglio che Internet rifletta il meglio della natura umana piuttosto che il peggio. Al momento attuale penso che stia riflettendo piu' le cattive qualita' che le qualita' buone.

D: parecchia gente ha visto nel tuo libro un attacco alla "liberta'" creata da Internet. Secondo loro, il fatto che i Paesi non democratici limitino e controllino l'accesso ad internet prova il valore di internet come strumento per promuovere i valori della liberta'. Qual e' la tua opinione al riguardo?

R: Per prima cosa, certamente adoro la nostra societa' aperta e democratica. Quando critico la democratizzazione questo non mi rende un antidemocratico. Mi da' i brividi vivere in America piuttosto che in Iran. Vedo la Cina e l'Iran come gli altri estremi. Penso che dobbiamo riconoscere che dobbiamo autovigilare internet, che questo non riduce la liberta'. Dobbiamo pensare. la migliore analogia e' con le teorie del contratto sociale, con scrittori come Thomas Hobbes e Jean Jacques Rousseau. Interne, al momento, e' una specie di "stato di natura" ci sono molte poche leggi. Questo non e' un bene nella vita, Rousseau pensava che fosse un bene, Rousseau idealizza lo stato di natura e io vedo i promotori del Web 2.0 molto sul solco di Rousseau. Io sono molto piu' sul versante di Hobbes. Io vedo lo stato di natura come vite cattive, brutali e brevi. Molta gente muore su internet, o almeno alcuni o in termini culturali. Penso che dovremmo avere contratti sociali collettivi. Non c'e' bisogno di essere rigidi come Hobbes, ma dovremmo imparare da John Locke o da qualcuno dei teorici del contratto sociale del ventesimo secolo che dobbiamo far gruppo, fare leggi collettive, e patti, come modo per migliorare. Questo non limita la nostra liberta', in realta' aumenta la nostra liberta'. non penso che ci sia molta liberta' su internet. Perche' e' libero quando vai su internet e dici qualcosa e chiunque ti sbraita e t'insulta? Perche' e' libero quando non ci sono, o ci sono molti pochi siti dove la gente discute davvero argomenti in maniera intelligente ed adulta? Questo non e' libero, e' solo anarchia. Quindi la vera liberta' deriva dal contratto sociale. la vera liberta' deriva da persone civili che capiscono che ci sono problemi intrinseci ad un mondo senza legge, che sia nella vita reale o su internet, e che propongono collettivamente che dobbiamo migliorare. e' l'idea di Tim O'Reilly di un codice di comportamento, ma dev'essere perseguito con molta piu' forza, molto piu' aggressivamente, e' un po' debole, dev'essere molto piu' aggressivo. Spero che cio' non diventi vero, ma ho paura che stiano per accadere cose veramente brutte su internet che ci costringeranno a farlo. Sai che la faccenda del blog di Kathy Sierra e' stata brutta, ma penso che accadra' anche qualcosa di peggio che ci costringera' ad affrontare questo problema e a sviluppare un contratto sociale piu' aggressivo.

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EDIT: tolgo i miei commenti personali e li metto in un messaggio a parte, nono vorrei che le mie opinioni si confondessero con quelle dell'autore o dell'intervistato.
-gioRgio-

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Messaggio da -gioRgio- »

Intervista molto interessante. Per inciso condivido parecchi dei suoi punti di vista, quelli sul malinteso concetto di liberta' che spesso si confonde con l'anarchia, ma soprattutto il concetto portante che il web 2.0 tende a non essere rappresentativo della realta' perche' non e' bravo chi e' bravo ma chi sa comunicare, o gestire bene i canali di comunicazione.
Trovo pero' diverse contraddizioni: una e' quella dell'affidarsi a i grandi mezzi di comunicazione, fa lui stesso autocritica ma non mi pare giunga ad una buona sintesi. La seconda, piu' importante, e' relativa al contratto sociale: raggiungere un accordo collettivo mi pare velleitario, se non impossibile, proprio seguendo il suo tipo di analisi. Bisogna pur prendere atto che il web 2.0 e' comunque mosso dalla "massa", sono d'accordo sul fatto che la massa non sia intelligente, mi sfugge come potrebbe addivenire saggiamente ad un contratto sociale collettivo. Storicamente la massa tende a produrre conflitti, non accordi. E mi pare che, tra le righe, anche lui ne sia consapevole quando parla di "contratto sociale piu' aggressivo"...
Vabbe', tocchera' leggere il libro quando ne uscira' l'edizione italiana...
-gioRgio-

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-gioRgio-
un piccolo suggerimento: lascia un commento sul blog di Novedge. Potresti vincere una copia firmata del libro. Dalla traduzione vedo che non avresti problemi a leggere la versione inglese. Perche' aspettare la versione italiana?

Ad oggi non abbiamo ricevuto moltissimi commenti, per cui le probabilita' di ricevere una copia del libro rimangono buone.

Franco


P.S. Complimenti per la traduzione!
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