
Secondo Valerio Evangelisti, con Posizione di tiro “il noir raggiunge la perfezione stilistica quasi assoluta.” Leverei il quasi.
La trama è abbastanza classica (ma se si considera che il romanzo è del 1981, ci si accorge che sono altri scrittori ad averne preso spunto, e non viceversa): protagonista è un sicario professionista, Martin Terrier, che dopo una vita molto avventurosa, intraprende il suo particolare mestiere con grande profitto, essendo semplicemente il migliore sulla piazza. Tutto incomincia a precipitare quando lui decide (per amore?) di mollare tutto. E qui per lui incominciano i guai.
Posizione di tiro, tuttavia, va ben oltre la sua trama. Innanzitutto, come sottolineato Doug Headline, è il culmine di uno stile, che fu lo stesso Manchette a – letteralmente – inventare. Tanto che, da fan (e traduttore in Francia) di scrittori hard boiled come Dashiell Hammett e James Ellroy, prende spunto dal modo di scrivere dei due per reinventarlo alla francese, da ammiratore di Flaubert, permettendosi quindi un’unica commistione dei due “antipodi” in funzione del momento del racconto.
L’atmosfera, come sanno tutti gli amanti del genere noir, fa il romanzo. Si potrebbero tirare in ballo le implicazioni sociali, il clima di violenza e la mancanza di rassicurazione che differenziano questo genere dal poliziesco. Io dico che basta leggere le ultime 20 pagine di Posizione di tiro, per capire che lo spessore di un romanzo così è impossibile da trovare altrove.
È stata una lettura entusiasmante, ringrazio il mio sponsor (TyL).
