"Non abitiamo più qui" - Andre Dubus

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Towandaaa
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"Non abitiamo più qui" - Andre Dubus

Messaggio da Towandaaa »

“E’ un libro chirurgico” mi ha detto l’amica che me lo ha prestato.
Ed ha pienamente ragione.
Sembra di assistere ad una vera dissezione dell’amore, in tutte le possibili forme che può assumere: coniugale, extra-coniugale, verso i figli, verso gli amici, addirittura anche l’amore verso Dio da parte di un sacerdote che continua a provare questo sentimento trascendente pur amando in modo terreno una donna. E in tutte le sfaccettate conseguenze che dall’amore derivano (e i loro opposti): la fedeltà, la lealtà, la sincerità, la responsabilità, l’impegno.
Questa dissezione viene condotta attraverso dialoghi taglienti, brevi descrizioni di atteggiamenti di insofferenza, di malcelato disinteresse, di voluto e ricercato allontanamento da tutto e da tutti, piccole inquadrature sulle comparse che ruotano attorno ai personaggi senza prendere nemmeno parte alla storia, ma che con i protagonisti hanno in comune quella profonda insoddisfazione e frustrazione da cui partono tutti gli slanci di fuga e a cui ritornano, alternativamente e spesso più delusi di prima, Hank, Jack, Edith e Terry.
C’è molto di Richard Yates e del suo pessimismo in questo libro: all’inizio l’impressione di somiglianza che ho percepito era davvero fortissima, poi si è progressivamente stemperata. Ma non perché la strada intrapresa da Dubus porti in una direzione diversa (forse c’è una piccola apertura di ottimismo nel finale, ma impercettibile); semplicemente perchè, secondo me, l’incedere di Dubus segue altre tecniche, si esprime concentrandosi su una cerchia di aspetti ricorrenti più stretta.........e questo rende addirittura più soffocante l’atmosfera, o almeno, così è sembrato a me.
Le vicende di questi quattro protagonisti, illusi, delusi e disillusi, non mi hanno però coinvolta al pari dei personaggi di Yates: ho spesso avvertito qualcosa di forzato, di portato alle estreme conseguenze, nel loro agire, tanto che non solo l’immedesimazione con loro è stata del tutto assente (e non poteva essere diversamente, in base alla mia personale esperienza), ma anche l’empatia (che può scattare comunque, anche di fronte a scelte di vita diverse dalle proprie) non ha trovato terreno fertile per germogliare.
Ho apprezzato uno stile davvero pregevole ed originale e la scelta di non esprimere giudizi, ho ammirato la profondità dell’analisi condotta dall’autore, ma mi sono sentita spettatrice distaccata di un mondo che più volte ho stentato a riconoscere.
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