Finalmente sono riuscito a finirlo; un bellissimo libro in cui il viaggio fatto dall'autore viene arricchito dalle molte storie e tradizioni dei posti in cui si reca e raffrontate con il suo essere occidentale. Più che un viaggio fisico il suo è un viaggio spirituale, iniziato con la ricerca per una cura alternativa al suo cancro e che finisce con il concludersi con una riceca del suo io più interiore. Un libro secondo me da non perdere!
Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra
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Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra
Finalmente sono riuscito a finirlo; un bellissimo libro in cui il viaggio fatto dall'autore viene arricchito dalle molte storie e tradizioni dei posti in cui si reca e raffrontate con il suo essere occidentale. Più che un viaggio fisico il suo è un viaggio spirituale, iniziato con la ricerca per una cura alternativa al suo cancro e che finisce con il concludersi con una riceca del suo io più interiore. Un libro secondo me da non perdere!
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sono d'accordo: è un libro da non perdere! l'ho trovato molto toccante e spunto di molte riflessioni riguardanti la vita di chi legge il libro. è una goccia da aggiungere a quel rigagnolo che piano piano cresce e che porterà il mondo a vedere le cose da un altro punto di vista. decisamente controtendenza.
la vita è un'opportunità, traine profitto. la vita è un sogno, realizzalo. la vita è una sfida, accettala. la vita è un mistero, scoprilo. la vita è dolore, superalo. la vita è un'avventura, osala. (madre teresa)
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Re: Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra
La malattia diventa per Terzani una possibilità di viaggiare per scoprire se stesso e cercare una risposta alle domande essenziali sul senso della vita, la malattia, la morte.
Il suo viaggio in India ricorda quello descritto nel libro “Un indovino mi disse” dove la curiosità del giornalista emerge continuamente nella ricerca di una guarigione dal cancro attraverso le medicine orientali, in particolare la ayurvedica.
Appena scoperta la malattia, Terzani decide di curarsi nel più importante istituto newyorchese con la chemioterapia e la radioterapia. Qualcosa però lo spinge a cercare un approccio meno “scientifico” e “freddo”: curano il cancro ma gli “aggiustatori”, come lui li definisce, non si occupano del malato. A un medico Terzani chiede che cos’è la malattia e questo perplesso risponde che non lo sa, lui conosce solo il cancro.
Terzani decide quindi di iniziare a informarsi sulle medicine alternative, in particolare la ayurvedica e il suo viaggio attraverso l’India lo porterà a conoscere tantissime medicine e guaritori.
Attraverso gli occhi ironici del giornalista che è ancora in lui, Terzani descrive questo mondo che per gli occidentali può sembrare solo superstizione e magia, ma che in realtà ha un diverso approccio alla malattia: al centro di tutto c’è il malato e la malattia si presenta come un disordine nell’ordine cosmico.
Non si può quindi pensare che una delle due medicine sia giusta e l’altra no, occorrerebbe prendere il meglio da entrambe: le conoscenze scientifiche dell’Occidente e la capacità di comprendere l’uomo dall’altra.
Alla fine del romanzo, l’autore ci racconta la sua esperienza di meditazione sull’Himalaya con molta onestà intellettuale. Infatti non si vergogna a presentarsi come un nevrotico quando ritorna per un breve periodo in Italia: la pace con se stessi sembra facile se si vive nella più assoluta solitudine e nel silenzio dei monti himalayani circondati da un panorama da mozzare il fiato, ma le nevrosi escono di nuovo fuori quando si ritorna nel proprio vissuto.
Sono tantissimi gli spunti che possiamo trarre da questo libro, in particolare il tema della morte: morte che terrorizza e viene esorcizzata in occidente non parlandone, morte vista come un normale elemento della vita in oriente. Mi ha molto colpito il racconto della tribù dei Teduray che credono di nascere con un gemello da cui si separano alla nascita ma accordandosi su quando si ritroveranno (dopo il primo figlio? Dopo pochi mesi? Dopo una lunghissima vita?), per cui non hanno paura della morte perché l’appuntamento lo hanno deciso loro e sono contenti di ritrovare il proprio gemello.
“Per questo viaggiare non serve. Se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori. E’ inutile andare a cercare nel mondo quel che non si riesce a trovare dentro di sé“
Il suo viaggio in India ricorda quello descritto nel libro “Un indovino mi disse” dove la curiosità del giornalista emerge continuamente nella ricerca di una guarigione dal cancro attraverso le medicine orientali, in particolare la ayurvedica.
Appena scoperta la malattia, Terzani decide di curarsi nel più importante istituto newyorchese con la chemioterapia e la radioterapia. Qualcosa però lo spinge a cercare un approccio meno “scientifico” e “freddo”: curano il cancro ma gli “aggiustatori”, come lui li definisce, non si occupano del malato. A un medico Terzani chiede che cos’è la malattia e questo perplesso risponde che non lo sa, lui conosce solo il cancro.
Terzani decide quindi di iniziare a informarsi sulle medicine alternative, in particolare la ayurvedica e il suo viaggio attraverso l’India lo porterà a conoscere tantissime medicine e guaritori.
Attraverso gli occhi ironici del giornalista che è ancora in lui, Terzani descrive questo mondo che per gli occidentali può sembrare solo superstizione e magia, ma che in realtà ha un diverso approccio alla malattia: al centro di tutto c’è il malato e la malattia si presenta come un disordine nell’ordine cosmico.
Non si può quindi pensare che una delle due medicine sia giusta e l’altra no, occorrerebbe prendere il meglio da entrambe: le conoscenze scientifiche dell’Occidente e la capacità di comprendere l’uomo dall’altra.
Alla fine del romanzo, l’autore ci racconta la sua esperienza di meditazione sull’Himalaya con molta onestà intellettuale. Infatti non si vergogna a presentarsi come un nevrotico quando ritorna per un breve periodo in Italia: la pace con se stessi sembra facile se si vive nella più assoluta solitudine e nel silenzio dei monti himalayani circondati da un panorama da mozzare il fiato, ma le nevrosi escono di nuovo fuori quando si ritorna nel proprio vissuto.
Sono tantissimi gli spunti che possiamo trarre da questo libro, in particolare il tema della morte: morte che terrorizza e viene esorcizzata in occidente non parlandone, morte vista come un normale elemento della vita in oriente. Mi ha molto colpito il racconto della tribù dei Teduray che credono di nascere con un gemello da cui si separano alla nascita ma accordandosi su quando si ritroveranno (dopo il primo figlio? Dopo pochi mesi? Dopo una lunghissima vita?), per cui non hanno paura della morte perché l’appuntamento lo hanno deciso loro e sono contenti di ritrovare il proprio gemello.
“Per questo viaggiare non serve. Se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori. E’ inutile andare a cercare nel mondo quel che non si riesce a trovare dentro di sé“