"Memorie di un cane giallo e altri racconti " - O. Henry

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Towandaaa
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"Memorie di un cane giallo e altri racconti " - O. Henry

Messaggio da Towandaaa »

Come spesso accade nelle raccolte di racconti, non tutti sono allo stesso livello. Anzi, in questo libro mi sembra che le differenze nei risultati siano perfino più accentuate del solito.
Dalla costante di raccontare vite e personaggi anonimi l’autore ogni volta parte per portare il lettore verso una dimensione inattesa: da un contesto di miseria e difficoltà può capitare di arrivare a finali di riscatto che paiono voler divertire il lettore (anche se, almeno nel mio caso, non sempre ci sono riusciti) oppure di veder precipitare il racconto verso toni ancor più drammatici, quindi quasi tutti i racconti si dischiudono piano piano verso un finale a sorpresa. Non sempre però questo struttura finisce per dare risultati gradevoli, poiché ai molti racconti in cui l’ironia della sorte si manifesta in tutta la sua crudeltà, creando un contrasto di toni che appaga e sorprende, si affianca anche una serie di racconti al termine dei quali non ho provato sensazioni degne di nota se non una certa percezione di inutilità. E se ciò fino a un certo punto può dimostrarsi consono alla scelta di raccontare personaggi che appunto sono spesso mediocri, non ben classificabili in base alle eterne categorie del bene e del male, è altrettanto vero però che un riscatto o almeno una increspatura dovrebbero in qualche punto arrivare, secondo i miei personali gusti: ecco, non sempre ciò accade, ed il risultato in quei casi è deludente.
I racconti migliori, ai miei occhi, si rivelano quelli in cui muovendo dall’infrangersi o dal drastico ridimensionarsi del cosiddetto sogno americano, l’autore ci mostra personaggi che comunque subiscono una metamorfosi, sia essa evolutiva o involutiva; oppure quelli in cui anche i nomi contribuiscono a raccontare la storia (per citarne solo uno: Soapy, personaggio sfuggente come il sapone); o infine quelli in cui l’autore si lascia andare ad un divertissement che lo mette in diretto contatto con il lettore (l’incipit di “Primavera à la carte” è davvero curioso : “Era un giorno di marzo. Non cominciate, in nessun caso, un racconto a questo modo. Non è possibile immaginare inizio peggiore. È privo di fantasia, piatto, arido, e con tutta probabilità serve solo a menare il can per l’aia. Ma in quest’ultimo caso è ammissibile. Giacchè il successivo capoverso, cui sarebbe spettato il compito di aprire il racconto, è troppo stravagante, troppo incredibile, per buttarlo in faccia al lettore così, senza nessuna preparazione”).
Qua e là capita pure di trovare espressioni appaganti nella loro ricercatezza che il contrasto con il tono generale del racconto in cui sono inserite fa emergere ancora di più (come la banderuola segnavento che viene definita “zimbello di erratiche brezze”).
Ma soprattutto, fra i 39 racconti qui raccolti, capita di trovare anche qualche piccolo gioiello, dotato di una compiutezza e una armonia tali da riscattare il tempo dedicato inutilmente (a mio modestissimo avviso) alla lettura di altri racconti: su tutti spicca “Dopo vent’anni”, che mi ha emozionata.
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