Un fratello e una sorella che vivono ormai da estranei si ritrovano a passare una settimana di vacanza insieme, con le rispettive famiglie.
Cosa mi è piaciuto: I personaggi, ognuno ben caratterizzato, con zone d'ombra e punti di forza. La forzata convivenza che crea attriti ma svela anche affinità e punti di contatto, spesso insospettati.
Una storia non storia, all'apparenza non succede niente di particolare, ma in realtà quei pochi giorni diventeranno significativi per tutti, lasciando il segno.
Cosa non mi è piaciuto: lo stile di scrittura adottato. Brevi spezzoni, ognuno dalla parte di un personaggio diverso. Sicuramente moderno ed efficace per descrivere il vissuto e le emozioni di ognuno, ma troppo lontano dal mio personale sentire. Trovo difficile questo continuo cambiare di prospettiva dopo poche frasi, e non amo il cambio di tempo verbale dal passato al presente per descrivere episodi in realtà in successione lineare.
Haddon - La casa rossa
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"Viviamo in un mondo di ombre, e la fantasia è un bene raro" (Carlos Ruiz Zafón)
"è impossibile passare attraverso la vita senza dover niente a nessuno" (Isabel Allende)
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Re: Haddon - La casa rossa
Una lettura dal ritmo sincopato, fatta di narrazione, di flusso di coscienza, di dialoghi avvenuti o solo immaginati: una struttura narrativa quindi che ben si attaglia, anche esteticamente, alla congerie di personaggi raccolti in una casa per vacanze, ambientazione che assurge a topos letterario in quanto si pone come cassa di risonanza per le dinamiche di disvelamento – crisi – composizione attraverso le quali ogni personaggio si evolve agli occhi del lettore.
Otto i personaggi presenti fisicamente, molti altri quelli presenti “in spirito”, quali fantasmi evocati dai pensieri, dai desideri, dalle paure, dagli incubi dei primi e talvolta più nitidi rispetto agli altri, e personaggio essa stessa la casa, che con gli scricchiolii delle scale, i piccoli inconvenienti, i suoni, le ombre e alcuni angoli segreti, nasconde e al tempo stesso svela qualcosa dei proprietari e delle altre persone che hanno soggiornato in quelle stanze.
Tra i diversi personaggi i contrasti e i rancori appaiono fin dall’inizio evidenti, e se a ciò aggiungiamo che ciascun personaggio ha già nel proprio intimo situazioni e conflitti irrisolti (sia dipendenti dai reciproci legami di parentela sia autonomi, attinenti alla propria identità), appare evidente quanto il piano psicologico si ponga come componente prevalente, al servizio della quale appaiono costruiti i dati fattuali (qualche escursione, un paio di flirt, un messaggio telefonico carpito, un infortunio), proprio come circostanze tali da far emergere stati emotivi a stento sopiti e nascosti.
Con siffatte premesse il risultato sarebbe stato però sicuramente migliore, a mio modesto avviso, se l’autore non avesse calcato la mano sulla frammentarietà che da punto di forza, se abusata, finisce per diventare limite: alla comprensione generale e alla possibilità di attribuire con certezza un passaggio di flusso di coscienza a questo o quel personaggio, con la conseguente lacunosità nell’immagine che il lettore crea nella propria mente per ciascuna di queste problematiche figure.
Quando le ho lasciate, al termine del romanzo, vedendole partire per il ritorno a casa, sono rimasta con una serie di interrogativi su ognuna di esse (e questo non sarebbe un dato negativo in sé, se facesse da contorno ad una immagine più definita del personaggio) e con qualche frammento annotato e messo da parte: sì, proprio come se fin dall’inizio avessi intuito che avevo tra le mani un romanzo – mosaico, e che il mio ruolo sarebbe stato non solo quello di osservarlo ma soprattutto quello di concorrere a costruirlo. Le riporto qua sotto, ma senza indicare a chi si riferiscono: sia per non svelare qualcosa a chi non lo avesse ancora letto, sia per perpetuare il caleidoscopico gioco dei frammenti.
“Una casa dove George Eliot o Jane Austen avrebbero potuto insediare un parroco e le sue integerrime sorelle astemie”
“Era questione di trovare la forza di sopportare l’angoscia di essere al mondo”
“Quarantasette anni e provava ancora una rabbia da quindicenne per il fratello più piccolo che, dopo la morte del padre, si era alleato con la mamma tagliandola fuori”
“La valle ormai quasi piena di luce, la rugiada che si asciugava, ogni cosa immersa nella nostra assenza”
“Quando andavano a trovarlo gli amici provava imbarazzo per l’aura di sconfitta che lo circondava e parte del fascino che montagne e laghi esercitavano su di lui stava nella loro distanza da entrambi i genitori”
“Non erano nemmeno più amici, solo co-genitori”
“Lui anela a tal punto a questa tranquillità che a casa tiene sulla libreria una piccola fila di cartoline […] Non tanto finestre su luoghi in cui preferirebbe trovarsi quanto stati d’animo in cui vorrebbe essere”
“Clic. Tutti riuniti in posa per un istante, a sorridere a se stessi nel futuro. Spiagge e cattedrali, autoscontri e feste di compleanno, bicchieri levati intorno a un tavolo da pranzo. Ogni foto è un breve intervallo tra un evento e l’altro”
“L’impressione era che i ruoli fossero stati tutti riassegnati”
“La rabbia della sera prima si era stemperata in un senso di superiorità”
“Com’era crudele il tempo. Il futuro che si trasformava nel passato, le cose che avevi fatto diventavano per sempre la tua testimonianza”
“Era un suo difetto, lo sapeva, trarre conforto dai conflitti, dal bianco e nero, noi e loro, sapere da che parte si stava”
“E non è colpa tua. Ho scelto di essere la persona che si adatta alla tua vita”
“Le travi a vista coperte e poi di nuovo scoperte quando non dicevano più “povertà””
“Rabbia per quello stupido tempismo che le aveva fatto scoprire quanto fosse dipendente da lui e contemporaneamente quanto lui fosse fallibile”
“La figlia stava male e loro usavano la sua sofferenza come scusa per rimasticare vecchie polemiche che da anni non portavano da nessuna parte”
Otto i personaggi presenti fisicamente, molti altri quelli presenti “in spirito”, quali fantasmi evocati dai pensieri, dai desideri, dalle paure, dagli incubi dei primi e talvolta più nitidi rispetto agli altri, e personaggio essa stessa la casa, che con gli scricchiolii delle scale, i piccoli inconvenienti, i suoni, le ombre e alcuni angoli segreti, nasconde e al tempo stesso svela qualcosa dei proprietari e delle altre persone che hanno soggiornato in quelle stanze.
Tra i diversi personaggi i contrasti e i rancori appaiono fin dall’inizio evidenti, e se a ciò aggiungiamo che ciascun personaggio ha già nel proprio intimo situazioni e conflitti irrisolti (sia dipendenti dai reciproci legami di parentela sia autonomi, attinenti alla propria identità), appare evidente quanto il piano psicologico si ponga come componente prevalente, al servizio della quale appaiono costruiti i dati fattuali (qualche escursione, un paio di flirt, un messaggio telefonico carpito, un infortunio), proprio come circostanze tali da far emergere stati emotivi a stento sopiti e nascosti.
Con siffatte premesse il risultato sarebbe stato però sicuramente migliore, a mio modesto avviso, se l’autore non avesse calcato la mano sulla frammentarietà che da punto di forza, se abusata, finisce per diventare limite: alla comprensione generale e alla possibilità di attribuire con certezza un passaggio di flusso di coscienza a questo o quel personaggio, con la conseguente lacunosità nell’immagine che il lettore crea nella propria mente per ciascuna di queste problematiche figure.
Quando le ho lasciate, al termine del romanzo, vedendole partire per il ritorno a casa, sono rimasta con una serie di interrogativi su ognuna di esse (e questo non sarebbe un dato negativo in sé, se facesse da contorno ad una immagine più definita del personaggio) e con qualche frammento annotato e messo da parte: sì, proprio come se fin dall’inizio avessi intuito che avevo tra le mani un romanzo – mosaico, e che il mio ruolo sarebbe stato non solo quello di osservarlo ma soprattutto quello di concorrere a costruirlo. Le riporto qua sotto, ma senza indicare a chi si riferiscono: sia per non svelare qualcosa a chi non lo avesse ancora letto, sia per perpetuare il caleidoscopico gioco dei frammenti.
“Una casa dove George Eliot o Jane Austen avrebbero potuto insediare un parroco e le sue integerrime sorelle astemie”
“Era questione di trovare la forza di sopportare l’angoscia di essere al mondo”
“Quarantasette anni e provava ancora una rabbia da quindicenne per il fratello più piccolo che, dopo la morte del padre, si era alleato con la mamma tagliandola fuori”
“La valle ormai quasi piena di luce, la rugiada che si asciugava, ogni cosa immersa nella nostra assenza”
“Quando andavano a trovarlo gli amici provava imbarazzo per l’aura di sconfitta che lo circondava e parte del fascino che montagne e laghi esercitavano su di lui stava nella loro distanza da entrambi i genitori”
“Non erano nemmeno più amici, solo co-genitori”
“Lui anela a tal punto a questa tranquillità che a casa tiene sulla libreria una piccola fila di cartoline […] Non tanto finestre su luoghi in cui preferirebbe trovarsi quanto stati d’animo in cui vorrebbe essere”
“Clic. Tutti riuniti in posa per un istante, a sorridere a se stessi nel futuro. Spiagge e cattedrali, autoscontri e feste di compleanno, bicchieri levati intorno a un tavolo da pranzo. Ogni foto è un breve intervallo tra un evento e l’altro”
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è come un viaggio improvvisato
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