Nella quarta di copertina questo libro viene definito “un piccolo gioiello”: sono assolutamente d’accordo!
In uno stile linguistico molto particolare (di cui il titolo è un perfetto esempio), il giovane io narrante Orazio racconta la terribile ansia che prova nei confronti dello strano comportamento di suo fratello Tardegardo. Egli studia ossessivamente soprattutto scritti legati alla luna perché vuole scrivere un’ode alla luna che sia perfetta e scevra da ogni inesattezza o imprecisione. Il comportamento strano però prosegue: fa ginnastica, risponde a tono alla noiosa madre, mette in crisi il pedante padre con lunghissime spiegazioni, imbarazza gli ospiti con uscite non proprie approvate dalla famiglia. Nel frattempo la tranquilla vita in campagna è sconvolta dall’arrivo di una bestia feroce che uccide animali e uomini: un orso o un lupo? E perché Tardegardo conosce così bene la storia di un antenato Sigismondo perseguitato dalla Santa Inquisizione e appare sconvolto e così ossessionato dalla licantropia? Un romanzo che si legge tutto di un fiato nonostante o forse proprio grazie alla trovata di uno stile linguistico ottocentesco mixato dall’ironia e dalla sagacia di un io narrante tredicenne.
Io venìa pien d'angoscia a rimirarti - Michele Mari
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