
Né l’animale né la ragazzina avrebbero mai immaginato ciò che sarebbe accaduto in quella magnifica giornata di sole.
Il lupo girò attorno ad un rovo di more stando molto attento ad evitare le spine. Aveva fame, come sempre, ma non c’era nulla che potesse soddisfare la sua voracità. Le pecore del vecchio contadino erano inavvicinabili, quei maledetti mastini non gli avrebbero mai permesso di azzannare una di quelle tenere e succulenti creature. Neanche i pollai arano più alla sua portata e nel bosco le possibili vittime diventavano sempre più rare. Cosa avrebbe dovuto fare un lupo affamato? Continuò a girovagare senza una vera meta, studiando improbabili strategie di attacco per accaparrarsi una maledetta pecora che avrebbe messo fine alla carestia che andava avanti da quasi una settimana. In quella rara, splendida giornata di sole, forse un sonnellino gli avrebbe fornito la giusta lucidità per inventarsi qualcosa quando le tenebre sarebbero scese sul bosco e sul villaggio.
Nella casa a ridosso del mulino, proprio prima casa all’inizio del villaggio, c’era una vecchia signora, canuta e bassina che per anni, da sola, aveva portato avanti il lavoro del marito deceduto a causa di una febbre quartana. Quartana perché ad intervalli di un quarto d’ora saliva altissima; aveva lottato per più di un mese prima di soccombere, era un uomo forte, ma giaceva nel piccolo cimitero del paese, sotto al grande cipresso, come lui desiderava. A questo pensava l’anziana donna ed era certa che sarebbe passato poco tempo e l’avrebbe raggiunto anche lei, finalmente di nuovo insieme, sotto al grande albero. Da più di dieci giorni era ricoverata nel suo letto, ma non era colpa di nessuna febbre, la causa era stata una caduta accidentale che le aveva rotto un femore. Sua figlia glielo aveva detto decine di volte di non usare quel maledetto sgabello, di non salirci sopra per annaffiare quelle stupide piante sulla mensola. Ma lei, in tutta la sua vita, aveva sempre fatto di testa sua, come di testa sua aveva deciso che avrebbe portato avanti l’attività del mulino e lo avrebbe fatto per molto tempo ancora se non fosse stato per quel repentino giramento di testa. Guardò il comodino, il bicchiere era vuoto, desiderò un po’ d’acqua, ma ci voleva ancora del tempo prima che la nipote le facesse visita quella mattina.
La madre glielo aveva detto di filare dritto, ma lei non l’aveva ascoltata, non lo faceva mai. Aveva preso dalla nonna quella testardaggine, peggiorata però dall’inesperienza della sua giovane età. Se avesse seguito quel consiglio, se avesse preso la strada principale, quella attraversata di continuo da carri carichi di fieno, da gente che andava e tornava dal mercato, di certo non si sarebbe mai ritrovata protagonista di un racconto che avrebbe turbato, negli anni e nei decenni a venire, centinaia di migliaia di ragazzine e ragazzini come lei.
Un lupo non dorme mai veramente altrimenti non avrebbe mai sentito quei rumori, non avrebbe mai sentito il suono melodico di una voce che gli umani chiamano canto. Drizzò le orecchie intuendo immediatamente la direzione da prendere.
La vecchia signora invece non dormiva per niente, preda della sua sete, del suo femore rotto e delle sua solitudine. Nemmeno le cose più semplici, come bere un bicchiere d’acqua, le riuscivano in quelle condizioni. Non poteva continuare così, doveva ascoltare i consigli della figlia e trasferirsi a casa sua.
La ragazzina, che superava di poco l’altezza dei bassi rovi di more, aveva nel cestino delle schiacciatine ed un barattolo di burro fatto in casa. Non tanto il burro, quanto le schiacciatine profumate erano causa della scia profumata ed appetitosa che il vecchio lupo seguiva tenendo ben alto il naso e fermandosi solo di tanto in tanto per decidere la via migliore da prendere.
Se solo la ragazzine avesse ascoltato la madre, se solo la nonna avesse ascoltato la figlia.
La porta in legno della casa della vecchia nonna aveva una stanghetta che la manteneva chiusa, la ragazzina la tirò e, un attimo prima che la porta si aprisse del tutto, vide il mondo rovesciarsi. Il paniere le cadde di mano ed aprendosi lasciò rotolare via il barattolo di burro che andò a fermarsi d’impatto sullo scalino basso dell’entrata, lesionandosi. La ragazzina non riuscì a capire da cosa fosse causato quel bruciore lancinante alla gola e non riuscì nemmeno ad urlare, improvvisamente tutto il mondo si spense, come se in casa di Dio ci fosse stato un corto circuito.
La vecchia signora, dagli strepiti e dai ringhi, aveva intuito tutto e non aveva bisogno di guardare fuori per averne conferma, sapeva benissimo che il vecchio lupo stava divorando la nipote. Il fucile da caccia, che era stato del suo amato marito, era appeso alla parete. Carico come sempre, ingrassato come sempre, se ne occupava lei personalmente. Era fissato al grosso chiodo a meno di un paio di metri. Se fosse stata bene, nonostante l’età, avrebbe impiegato pochi secondi a prenderlo e fare fuoco. Ma quella mattina non le riusciva nemmeno di bere un bicchiere d’acqua, già che sete quella mattina, pensò un attimo prima che il lupo le balzasse addosso dilaniandola.
La favola originale è “Cappuccetto Rosso” di di Jakob e Wilhelm Grimm