E' scritto bene ma la trama ha delle lacune e in un giallo non è il massimo.
Il club di cui al titolo (tradotto letteralmente) non si riunisce MAI. La filosofia pervade però il libro in maniera spicciola, leggera e non pesante.
Ma quello che rendeva l'altra serie dell'autore così speciale, e cioè l'ambientazione (in Africa, un un'Africa dalla vita 'normale', non povera né straricca), qui manca, e si sente.
Il club dei filosofi dilettanti di Alexander McCall Smith
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Il club dei filosofi dilettanti di Alexander McCall Smith
Letto in italiano dato che non me la son sentita in inglese
ricopio sotto la mia recensionina di anobii, e vi chiedo: ma c'è qualcosa che non ho capito o anche secondo voi il club del titolo è più o meno ininfluente?
Ho potuto così incontrare persone e diventarne amico e questo è molto della mia fortuna (deLuca)
Amo le persone. E' la gente che non sopporto (Schulz)
Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la sensazione di avere torto (Wilde)
I dream popcorn (M/a)
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Petulante tecnofila (EM)
NON SPEDITEMI NULLA SENZA AVVISARE!
Meglio mail che mp. Grazie.
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- francesina
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l'ho appena letto e mi sono posta anch'io la stessa domanda. Diciamo che più che parlare del club in sé, si accenna alla sua inesistenza, se ne parla perché Isabel non riesce a farlo funzionare come vorrebbe, con riunione frequentate assiduamente e da tante persone. A me è sembrato di capire che lo vivesse come una sorta di piccolo fallimento personale, o comunque con un po' di malinconia. Il che non mi è dispiaciuto perché le dà un pizzico di umanità.
Diciamo che se ci si aspetta un romanzo fatto di una serie di persone che filosofeggiano, beh, non è proprio questo.
Anche a me all'inizio non mi convinceva molto, soprattutto perché mi mancava Mme Ramotswe e l'atmosfera della seria africana, ma alla fine l'ho trovato comunque gradevole e rilassante.
questa la mia journal entry di commento al libro
Diciamo che se ci si aspetta un romanzo fatto di una serie di persone che filosofeggiano, beh, non è proprio questo.
Anche a me all'inizio non mi convinceva molto, soprattutto perché mi mancava Mme Ramotswe e l'atmosfera della seria africana, ma alla fine l'ho trovato comunque gradevole e rilassante.
questa la mia journal entry di commento al libro
Nous habiterons une maison sans murs, de sorte que partout où nous irons ce sera chez nous- J.Safran Foer, Extrêmement fort et incroyablement près
E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione
Sempre Francesina, anche su Anobii
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Re: Il club dei filosofi dilettanti di Alexander McCall Smith
Vedo che siamo e-s-a-t-t-a-m-e-n-t-e d'accordo !
Riporto qui sotto la mia opinione (scritta nel journal e su aNobii):
E’ solo il secondo libro che leggo sulle vicende di Isabel Dalhousie (il primo è stato “Il piacere sottile della pioggia” – sì, lo so, ho invertito l’ordine logico e cronologico con cui sono stati scritti, ma, direi, poco male !) e credo di poter affermare che lei ed io non siamo fatte l’una per l’altra !
Questa signora, secondo me, indulge un po’ troppo in riflessioni di filosofia piuttosto spicciole, indotte da circostanze che solo sporadicamente hanno qualcosa di diverso dalla quotidianità più comune, e risulta abbastanza diversa dall’immagine e dalle aspettative che il lettore potrebbe crearsi sapendo che si tratta della direttrice di una rivista di etica applicata. Beninteso: non ho niente in contrario alle riflessioni che nascano dagli avvenimenti che la vita offre ad ognuno di noi, siano essi semplici o eccezionali, ma è il modo in cui vengono presentate che mi è sembrato un po’ artificioso e forzato. Con il risultato, peraltro, di spezzare continuamente il corso della trama (di per sé già abbastanza evanescente, se vogliamo inquadrare questo romanzo nel genere giallo). E poi: il titolo lasciava intendere che ci fosse un gruppo di persone che si confrontano su temi filosofici, e invece ? Alle considerazioni della protagonista non si affiancano mai opinioni altrui (se tali non vogliamo considerare i brevi dialoghi con Jamie, Cat e Grace), manca quel contraddittorio e quel confronto che il titolo sembrava promettere e che forse avrebbe reso la lettura più interessante e varia. Infine: dopo aver espresso più volte considerazioni in merito a verità, menzogna e omissione, la protagonista si produce in un finale che, per non svelare niente a chi deve ancora leggerlo, mi limiterò a definire deresponsabilizzante e irrispettoso dei principi che regolano (o dovrebbero regolare) la convivenza civile. Mi ha lasciato molto perplessa e non mi è piaciuto affatto il suo ergersi a giudice ultimo e unico, avvalendosi della posizione privilegiata data dall’ essere a conoscenza di come siano andati i fatti, in una vicenda in cui, scusate se è poco e pur se nell’ambito della fiction di un romanzo, è pur sempre morta una persona !
Non nego che lo stile sia gradevole e scorrevole, ma quello che rimane è secondo me ben poca cosa.
Quindi credo proprio che non leggerò altre avventure che abbiano Isabel come protagonista. Magari proverò a vedere se l’altra protagonista di McCall Smith, la signora Ramotswe, è più congeniale al mio modo di vedere, o almeno se ha qualcosa che possa spiegare il discreto successo che lo scrittore ha finora riscosso con i suoi libri.
Riporto qui sotto la mia opinione (scritta nel journal e su aNobii):
E’ solo il secondo libro che leggo sulle vicende di Isabel Dalhousie (il primo è stato “Il piacere sottile della pioggia” – sì, lo so, ho invertito l’ordine logico e cronologico con cui sono stati scritti, ma, direi, poco male !) e credo di poter affermare che lei ed io non siamo fatte l’una per l’altra !
Questa signora, secondo me, indulge un po’ troppo in riflessioni di filosofia piuttosto spicciole, indotte da circostanze che solo sporadicamente hanno qualcosa di diverso dalla quotidianità più comune, e risulta abbastanza diversa dall’immagine e dalle aspettative che il lettore potrebbe crearsi sapendo che si tratta della direttrice di una rivista di etica applicata. Beninteso: non ho niente in contrario alle riflessioni che nascano dagli avvenimenti che la vita offre ad ognuno di noi, siano essi semplici o eccezionali, ma è il modo in cui vengono presentate che mi è sembrato un po’ artificioso e forzato. Con il risultato, peraltro, di spezzare continuamente il corso della trama (di per sé già abbastanza evanescente, se vogliamo inquadrare questo romanzo nel genere giallo). E poi: il titolo lasciava intendere che ci fosse un gruppo di persone che si confrontano su temi filosofici, e invece ? Alle considerazioni della protagonista non si affiancano mai opinioni altrui (se tali non vogliamo considerare i brevi dialoghi con Jamie, Cat e Grace), manca quel contraddittorio e quel confronto che il titolo sembrava promettere e che forse avrebbe reso la lettura più interessante e varia. Infine: dopo aver espresso più volte considerazioni in merito a verità, menzogna e omissione, la protagonista si produce in un finale che, per non svelare niente a chi deve ancora leggerlo, mi limiterò a definire deresponsabilizzante e irrispettoso dei principi che regolano (o dovrebbero regolare) la convivenza civile. Mi ha lasciato molto perplessa e non mi è piaciuto affatto il suo ergersi a giudice ultimo e unico, avvalendosi della posizione privilegiata data dall’ essere a conoscenza di come siano andati i fatti, in una vicenda in cui, scusate se è poco e pur se nell’ambito della fiction di un romanzo, è pur sempre morta una persona !
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