La mia Antonia è un romanzo del 1918 della scrittrice statunitense Willa Cather, vissuta a cavallo tra il XIX e il XX secolo e molto amata da Capote. E’ un testo che non dimostra affatto gli anni che ha, forse perché ha un impianto talmente classico da permettere al lettore di qualsiasi epoca di subirne il fascino. La quarta di copertina (Elliot editore) lo etichetta come un romanzo d’amore, come se quella fra l’Antonia del titolo e il narratore fosse una semplice relazione d’amore. Trovo fuorviante questa affermazione per due ragioni: in primo luogo tra i due non ci sarà mai un rapporto amoroso, ma un’intesa tale da andare ben oltre la banalità di un innamoramento o di una frequentazione; in secondo luogo questo libro non è incentrato solo sui sentimenti tra due persone. E’ infatti tante cose insieme ed è per questo che l’ho apprezzato: in primis, direi il racconto nostalgico di un’infanzia bucolica, fatto da un narratore –Jim Burden -ormai adulto e lontano dai luoghi che l’hanno visto crescere (e infatti il libro si apre con la citazione virgiliana “Optima dies prima fugit”). Poi, una dichiarazione d’amore alla natura, nelle sue forme più selvagge e nei suoi pieni poteri di decidere della sorte di un’intera comunità agricola. La realtà paesaggistica illustrata dalla Cather è infatti quella più impietosa: le estati aride che bruciano il raccolto e i corpi di pastori e braccianti e gli inverni “che mordono” e fanno patire la fame. Infine, un romanzo di amicizia: quella tra Antonia e il narratore, ma anche tra i vari membri delle comunità sparse tra le campagne e le giovani norvegesi che più spesso Jim frequenta.
L’Antonia del titolo è una contadina boema arrivata nelle campagne del Nebraska insieme alla sua famiglia e nello stesso periodo del narratore, trasferitosi dai nonni dopo la morte dei genitori. I due, pur nelle diversità caratteriali e di estrazione sociale, crescono insieme sviluppando un’intesa fatta di stima e complicità ed insieme si ritrovano anni dopo in città, dove Jim compie parte degli studi e Antonia, come altre ragazze di campagna, lavora a servizio.
Il libro si chiude quando i due protagonisti, ormai adulti, si ritrovano: quello che mi ha piacevolmente colpito è che non vi ho trovato il tono che vuole intenzionalmente portare il lettore alla commozione. Credo che lo scopo dell’autrice, nel far ritrovare dopo oltre ventanni i due protagonisti, sia piuttosto quello di far riflettere sul destino che aspetta ognuno di noi, su come sia possibile cambiarlo e se per alcuni di noi sia più semplice – e perché – rispetto ad altri.
W. Cather, La mia Antonia
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Nous habiterons une maison sans murs, de sorte que partout où nous irons ce sera chez nous- J.Safran Foer, Extrêmement fort et incroyablement près
E finalmente lui pronunciò le due semplicissime parole che nemmeno una montagna di arte e ideali scadenti potrà mai screditare del tutto. I. McEwan, Espiazione
Sempre Francesina, anche su Anobii
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