Naturalmente il racconto non e' mio, mai mi piaceva donarvelo
Vediamo se qualcuno scopre l'autore
IL SILENZIO DEI MUSEI
Avete mai sentito il silenzio di un museo? Non quello dei cartelli appesi al muro, rotto dallo scalpiccio, dai sussurri, dai colpi di tosse, dal ronzare delle macchine fotografiche che si ricaricano di nascosto, ma quello vero, quello dell& Avete mai sentito quanti rumori ci sono in un museo chiuso? Sono tanti, tutti diversi e ognuno potrebbe essere scritto con una lettera, racchiuso in un simbolo e disegnato, come un ideogramma. Io lo so, sto lì da tanti anni, dietro al tavolo del custode e non ho niente da fare che ascoltare, fissare il buio e ascoltare, dalle sei di sera alle otto di mattina.
Ci sono le cornici dei quadri, per esempio, o anche gli infissi delle bacheche o delle finestre, che con la variazione di temperatura tirano e scricchiolano, con la erre, scrrricchiolano. Poi ci sono le tele, le tende e tutte le stoffe dei vestiti nelle teche e quelle che ricoprono i mobili antichi, soprattutto i letti... quelle frusciano, con la effe, fffrusciano. E le molle, quelle dei divani, si tennndono, enne. E l& Io li sento tutti i rumori, non ho nient& Una luce improvvisa, nel buio, è come se facesse rumore, anche se è la luce sottile e diretta di una torcia elettrica. Quella luce aveva rumore di passi di gomma, cauti, lenti, come quelli di un gatto e un soffio di voce, dietro: & Erano due, pensai all& La tela che cede sotto la lama di un cutter fa un rumore straziante per chi sa sentirlo. E& & L& & La torcia si mosse, a passi attenti, di suola di gomma. Veniva verso la sala piccola, lasciando che il buio risucchiasse il salone, con quello col coltello e la Vergine Inviolata ripiegata su se stessa, arrotolata su un angolo ancora attaccato alla cornice. La luce varcò la soglia, tra il portacenere a colonna e la colonna con l& Buio.
& La voce era una voce e non più un sussurro e vibrava nella gola, di paura. Un attimo e mi mossi ancora, oltre la soglia, di nuovo nel salone, dietro alla corda di canapa gialla che chiudeva il divano sul ballatoio. Nessun fruscio sulla striscia rossa del tappeto. La pedana di legno che alzava il divano non scricchiolò.
& Camminava lungo la corda, per indovinare la direzione. La sentivo vibrare sotto le sue dita e forse, non so, ma forse tremava. Volevo un urlo, così lasciai che la mano si avvicinasse, scorrendo sulla canapa e quando la sentii vicina, sempre più vicina, non mi allontanai.
Urlò, forte.
Quello con la pistola si piegò sulle ginocchia, stendendo le braccia nel buio. La paura gli ghiacciò le gambe e la gola e il dito sul grilletto. Non sparò perché non c& & & Sono le nove e il museo ha perso di nuovo il suo silenzio. Tra i tanti rumori che mi circondano quello che mi infastidisce di più è lo scatto isterico delle macchine fotografiche che mi inquadrano di nascosto. Sono uno dei quadri più fotografati, Il Boia, alto e imponente, con le mani strette sulla spada insanguinata.
Quello che mi stupisce è che con tanti turisti che mi fotografano, nessuno si sia ancora accorto del mucchio di teste nella cesta alle mie spalle che si alza, ogni volta, un pochino di più.