Edoardo Camurri per il Domenicale de Il Sole 24 Ore
"Torino, domenica 3 ottobre. Festa per i dieci anni della Holden, la scuola di Narrazione fondata da Alessandro Baricco. Mi trovo in un locale dei Murazzi, zona sul Po turisticamente “maudit” di Torino. Alcuni schermi sulle pareti proiettano immagini gotiche. Compare una scritta incomprensibile: "fra l'essenza e la discendenza". La musica in sottofondo è tecno-gregoriana: gorgheggio di monaci cistercensi su ritmo House. Una voce registrata intanto dice: «Accettare l'inferno e diventarne parte».
Sembrerebbe una messa nera, ma in realtà è serata da sciampiste (lunedì non si lavora). Inizia la festa. Verso mezzanotte arriva Baricco dopo aver letto al Lingotto di Torino, per tre sere di seguito, la sua Iliade senza dèi. Attorno a lui si creano capannelli di persone.
Crepitano i fotografi. Cronometro: impiega mezzora per fare dieci metri. Stefano della Casa, critico cinematografico e direttore del Torino Film Festival, sale indisturbato sul palco, sarà il presentatore della serata. «Allora, buona sera, c'è anche una valletta, si chiama Molly (è la sceneggiatrice Lucia Moiso, ndr)» dice agli invitati (tanti, saremmo forse un migliaio). Ricorda che alla Holden aveva insegnato Trash e dà quindi le coordinate della festa: «moltiplicate quarantatre per ventuno e otterrete il numero dei bignè preparati per voi».
Sugli schermi sfumano le immagini gotiche di prima. Sono sostituite da un filmato: foto d'infanzia dei soci fondatori della Holden, poi immagini di Baricco al mare, di Baricco a scuola, di Baricco sdraiato per terra, di Baricco in barca, di Baricco che aspetta un traghetto (con Paolo Conte in sottofondo che canta “Hemingway”). Tra una fotografia e l'altra compare la scritta: "...e pensava" (non si capisce a cosa, ma immagino pensasse già alla Holden) e alla fine del filmato si sente Baricco dire «ero partito nella direzione dell'inquietudine». Applausi.
Impiego questo tempo per ragionare: quarantatre per ventuno fa novecentotre, se siamo in mille ci sono 0,9 pasticcini a testa. Sgomito e mi avvicino alla zona deputata al rinfresco.
Sul palco un socio della Holden racconta: «Il giorno in cui Baricco mi propose di fondare la scuola gli cagò un piccione sulla testa, portò fortuna» e un signore di mezza età, presentato come ginecologo e allievo della Scuola, prende il microfono in mano e dice: «Ho fatto un corso di sceneggiatura e questo mi è servito molto per il mio lavoro: ho fatto nascere molti holdeniani».
La gente ride. Mi faccio una birra e un gin tonic con il simpaticissimo Cristiano Cavina (scrittore e autore, l'anno scorso, del libro “Alla grande”, pubblicato da Marcos Y Marcos). Mangio quattro bignè. E sono felice, sulle pareti stanno proiettando “La morte corre sul fiume” di Charles Laughton, uno dei miei film preferiti.
Arriva l'Assessore ai Beni culturali del Piemonte. Si chiama Giampiero Leo e a Torino è famosissimo per essere uno dei pochi esseri umani provvisti del dono dell'ubiquità (è capace, in una sera, di partecipare contemporaneamente a due o tre manifestazioni culturali: per esempio una cena per il tartufo, una serata con mandala tibetani, una mostra sulle ceramiche di Castellamonte).
Leo sale sul palco e tutti si aspettano uno dei suoi prodigi. «La scuola Holden ha capito la mia vocazione personale: mi hanno chiamato a un loro corso per parlare di Batman» dice emozionantissimo. Una ragazza mi guarda con una smorfia: «Vabbé, però Leo è quello che dà i soldi» mi fa. Si aprono le danze. Tutti sculettano."
La giovane Holden
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