
Prendendo spunto da qualcosa che trasmettevano in tv, ecco la mia versione personale di “Tetto”.
Divagazioni sul tetto.
Cos’è il tetto? Quello delle case, inclinato, spiovente, a falde, i tetti che poggiano sui muri perimetrali delle case, quelli dove una volta - ma anche oggi? - c’erano agganciate le grondaie che dovevano raccogliere l’acqua piovana e buttarla in un pozzetto.
Io me la ricordo la grondaia di casa mia, d’estate un uccello maldestro ci fece il nido e d’inverno venne spazzato via dall’acqua. Un po’ come fanno quelle persone che costruiscono vicino ai fiumi, sotto ai vulcani, sono proprio come quell’uccello malaccorto e prima o poi anche loro… ma poi guarda che sfortuna! Il fiume è straripato, il vulcano ha eruttato, quello scostumato!
Sì, certo, restiamo sul tetto. È sempre emozionante stare sul tetto, quando da piccolo ci andavo con papà per sistemare l’antenna, c’era sempre un certo fascino lì in alto, sul tetto, con il panorama mozzafiato e con quel muretto basso che se non ti stavi attento potevi volare giù dal tetto! Però quanto mi piaceva stare lì.
Ma un tetto è anche altro. Tutti vogliamo un tetto sopra la testa, certo non che ci cada sopra la testa, ma averlo ci dà un senso di protezione. Accidenti com’è difficile avere un tetto sopra la testa al mondo d’oggi. Averne uno tuo s’intende e nella migliore delle ipotesi sarà tuo dopo trent’anni, quel tetto.
Ed allora i senzatetto? Certo non sono quelli con le case scoperchiate, o forse sì, lo sono anche loro, ricordate il terremoto dell’80? Quanti senzatetto perché il tetto veramente non c’era più? Allora se crolla il tetto è come se ti crollasse il mondo, è vero? Il tetto ed il mondo… il tetto del mondo! Qual è il tetto del mondo? Ah, sì è l’Everest con i suoi 8844 metri. Sai come deve essere bello da lassù? Altro che mettere l’antenna sopra il tetto di casa mia! Nessuno è più alto di te, se stai lassù, è un po’ come essere Dio: gli altri sono tutti sotto ai tuoi piedi, da lì vedi tutti i tetti ed anche i senzatetto ed allora forse vedi troppe cose e ti viene di guardare avanti e non più giù. Forse anche Dio non guarda più giù, guarda avanti, ma cosa poi? O guarda su? Certo se guarda davvero su la cosa diventa filosoficamente inquietante! Ma sì, certo, mi sto perdendo, sto andando fuori tema. Mi riprendo.
Il tetto. I tetti bassi, i bambini! Lo diceva Pratolini, mi ricordo anche il verso, eccolo: Luisa indica i ragazzi che stanno attenti come furetti: “Si moderi”, ella dice, “ci sono i tetti bassi!”
Ma il tetto vuol dire tante cose. Un amico conobbe una splendida ragazza una sera, fu un istante, un attimo, un solo sguardo, lei sorrise mettendogli sul tavolo un panino e lui se ne invaghì. Fine della storia, ma non con la ragazza del pub, la storia che era appena finita in quel breve secondo, fu quella con la moglie. Il mese dopo abbandonò il tetto coniugale. La gente ne parlò per un altro mese, predicando dai tetti e stando sempre attenti a lasciare uno sguardo di solidarietà per la povera moglie che era stata privata del tetto coniugale.
Ma ci sono altri tetti, più piccoli, dei… tettucci, quelli delle macchine ad esempio. La prima volta che sono stato con una ragazza sotto al tettuccio della mia macchina, che poi era la macchina di mio padre, le cose non è che andarono proprio alla meraviglia. Colpa di quel tetto troppo basso o della mia inesperienza molto alta. Magari ci fosse stato un tettuccio apribile, qualche posizione più comoda l’avremmo potuta sperimentare!
A proposito di tetto, quest’anno attendo con trepidazione l’inizio del Gran Premio di Formula 1; senza Schumacher saremo ancora sul tetto della classifica? Ho detto tetto? Certo che ne ha di significati questa parola così breve.
Ma a chi è venuto in mente di chiamare il tetto con la parola tetto? Insomma c’è poca fantasia: te-tto, un po’ come mu-cca, a proposito, questa parola se la ripeto due o tre volte consecutive, ma lentamente, mi fa ridere! Ma ne parliamo un’altra volta. La verità è che tetto viene dal latino tectum, che poi deriva da tectus, che viene da cactus che se ti punge può farti venire il pus, che può guarire solo con la frase magica “pussa via!”
E va bene! Va bene! Siamo seri, allora eravamo a tectus che è il participio passato di tegere che vuol dire, appunto, coprire.
Ah! Poi ci sono i politici con i loro “tetto del disavanzo”, “tetto delle retribuzioni” (sempre basso ‘sto tetto), e come dimenticare il “tetto pensionabile” tra un po’ in pensione ci andiamo da morti! E lì sì che ne avremmo uno solido: tre metri di terra, davvero un bel tetto!