Cari ragazzi,
continuo invariabilmente a stupirmi del fatto che, quando vi fate domande sul mio conto, non vi rivolgiate direttamente a me.
Lo so, mi rendo conto che non sia sempre facile rivolgersi ad uno che ama cambiare cosi' di frequente il proprio look, apparendo spesso come non vi aspettereste, e soprattutto con questo nome che non e' il mio nome vero - voi direste "di battesimo" - bensi' una qualifica. Eggia', se ci pensate non e' facilissimo sentirsi intimi con un vostro amico se doveste continuare a chiamarlo "dottore" anziche', per esempio, Francesco.
Ma non e' questa l'unica distanza che si frappone tra voi e me. Lo so, e lo sperimentate voi stessi tra di voi: l'incomunicabilita' crea muri, ed i muri portano ad immaginarvi dietro un mistero, che si colora di luce o di tenebra a seconda di come si interpretino i rumori che sentiamo provenire dall'altra parte. Cosi', come quando non vi conoscete tra di voi tendete ad attribuire all'altro i vostri pensieri e le vostre categorie, troppo spesso vi capita con me. Avete sempre questa tendenza ad attribuirmi modi e pensieri che in realta' sono i vostri, e molto di frequente succede che io per voi diventi quel muro sul quale avete appeso i vostri incubi o le vostre speranze. E vi assicuro che per me non e' molto gratificante essere scambiato con un muro.
Noto con profondo piacere che molti di voi si dicono alla ricerca di me. Vi prego, tenete sempre a mente che anche io cerco di venire verso di voi. Ci provo con tutte le mie forze, a modo mio (per darvi un'idea potrebbe andar bene quell'immagine che ha dipinto quell'eccellente imbianchino sul muro di casa mia, a Roma

- io non sono venuto molto somigliante, e poi la foto non rende, ma vabbe'), pero' dovreste ogni tanto provare a mettervi al posto mio. Vi risulterebbe chiaro, se ci riusciste almeno un po', che i miei modi non assomigliano ai vostri - un po' come il cielo sovrasta la terra i miei modi sovrastano i vostri. Una distanza, certo, e le distanze possono essere viste come separazioni o come spazio per gli avvicinamenti. Mi rendo sempre conto che voi vorreste vedere i risultati, avete l'occhio verso il poco spazio percorso perche' quello da percorrere e' tanto da spaventarvi. Cosi', vi spazientite e a volte pensate che sia tutto inutile. Ma se voi vi metteste dal mio punto di vista, vi accorgereste che il cammino si compie, nei modi che insieme stiamo portando avanti.
A me piace molto un esempio che un gruppo di persone ha elaborato da qualche tempo a questa parte. Questi tali, per rendere la nostra appartenenza reciproca e la permanenza del vostro tendere verso di me, hanno detto che vi ho fatti a mia immagine e somiglianza. Mi piace. E se c'e' questa tendenza, questo cammino apparentemente incolmabile, e' evidente che sono io a dover fare la maggior parte della strada. A ben pensarci, tra tutti i modi possibili per starvi accanto non ce n'e' uno migliore che diventare come voi, parte di voi. Ed e' questo che e' stato detto, piu' o meno cosi':" pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce". Io so che di solito apprezzate quando un vostro amico si rimbocca le maniche e si mette in tutto e per tutto al vostro fianco mentre state attraversando un passaggio difficile... Per quanto strano e duro da fare, vivere anch'io la vostra vita non e' forse la cosa piu' furba che potrei fare per esservi infinitamente vicino senza ledere la vostra liberta'? Io l'ho pensata cosi'.
Pero' ora mi rendo conto, resta una domanda non risposta.
Perche'?
Come se io fossi un architetto, o un ingegnere, e tutto quanto fosse una costruzione finalizzata ad uno scopo razionale. Ma non vi accorgete che c'e' dell'altro oltre alla ragione? Come ben riconoscete alcune delle mie caratteristiche come diverse dalle vostre, non vi viene allo stesso modo da immaginare che non tutto e' "spiegabile"? Qualcuno di voi ha accennato a me come ad un essere a piu' dimensioni.. beh, si', e' un gioco che possiamo prendere a prestito: non trovereste difficolta' insormontabili a spiegare l'idea di profondita' a chi vivesse in due sole dimensioni, cosi' come a spiegare il mondo del visibile ad un cieco nato?
Non siete molto soddisfatti, eh? Beh, non mi resta che chiedervi di darmi tempo. E, siccome il tempo di cui ho bisogno e' parecchio di piu' di quanto puo' disporre ciascuno di voi, vi chiedo allora di darmi fiducia. E di darvi speranza.
Avrei ancora parecchie cosette da dirvi, ho motivo di credere che siate abbastanza curiosi su due o tre argomenti interessanti di cui discutere. Ma sto finendo lo spazio su questo hard-disk, devo crearne di nuovo, magari possiamo riparlarne piu' tardi per mail o quando tornerete finalmente qui a casa.
Un abbraccio affettuoso
Francesco